“Gaza” di Gad Lerner (Feltrinelli) e “Palestina Israele” di Mario Capanna e Luciano Neri (Mimesis): due libri in una recensione, di Amedeo Borzillo

Recensire due libri insieme non è usuale ma questi due “saggi” sulla questione israelo-palestinese e sulla guerra in atto in Palestina forse lo richiedono.

Un leader sessantottino (Mario Capanna)  mai pentito ed un giornalista (Gad Lerner) “sionista critico” ancora innamorato del suo Paese scrivono – mentre imperversa una guerra che ha assunto aspetti di rara brutalità, (36.000 morti e 90.000 feriti, paesi rasi al suolo, due milioni di palestinesi in fuga) – due diversi libri per arrivare ad una identica conclusione, condivisa da milioni di persone ma che ancora oggi viene ignorata dal Governo Israeliano e dai principali Governi del mondo occidentale. 

Fughiamo subito ogni dubbio sulla possibilità che siano “instant book” in quanto gli autori Capanna e Lerner sin dagli anni ’70 seguono le vicende della Palestina e di Israele in prima persona. 

I due autori sono stati entrambi partecipi, con ruoli di primo piano, del grande movimento giovanile che fu il ’68  (e gli anni successivi): Capanna da leader e Lerner da giornalista furono tra i primi a recarsi rispettivamente in Palestina ed Israele per portare solidarietà o semplicemente per capire e riferire a noi tutti cause e prospettive dello scontro in atto tra i due popoli.

Il libro di Capanna “Palestina e Israele” ha l’innegabile merito di storicizzare con date, eventi, Dichiarazioni e Risoluzioni ONU, Trattati di Pace stipulati e poi saltati, tutte le tappe che dal dopoguerra ad oggi hanno portato al 7 Ottobre ed alle terribili conseguenze, illustrandoci soprattutto le responsabilità israeliane e come le fazioni in campo palestinese giocassero ruoli e si ponessero obiettivi diversi. 

Il libro di Lerner “Gaza, Odio e amore per Israele” riesce, sia in chiave storico-politica sia in quella socio – antropologica, e  con gli occhi di un ebreo, a spiegarci come si sia arrivati ad un Governo in Israele che massacra un popolo, costruisce muri e semina rancori perenni,  indifferente al discredito ed isolamento internazionale cui le atrocità commesse lo stanno condannando.

Due analisi che viaggiano in parallelo e che in grandissima parte si integrano in una comune visione sia delle cause che delle possibili soluzioni.

I due autori infatti  alla condivisa condanna della Organizzazione politica Hamas e della strage del 7  Ottobre, aggiungono le stesse considerazioni, analizzandone genesi e cause che hanno decretato lo sviluppo e la popolarità fino all’egemonia di questo movimento a Gaza, e individuando dall’altro canto le precise responsabilità anche dirette nei Governi che si sono succeduti in Israele dalla fine degli anni ’80 in funzione anti Fatah.

“La lugubre popolarità di cui gode Hamas dacchè il suo popolo è divenuto oggetto di una vera e propria carneficina non mi ha fatto cambiare idea e resto convinto che Hamas sia una serpe in seno, nata e cresciuta tra i palestinesi , capace di esaltarli mentre li conduce alla rovina” (Gad Lerner).

Sia Lerner che Capanna hanno avuto precisi riferimenti: Alexander Langer il  primo e Yasser Arafat il secondo: un pacifista e ambientalista italiano e l’uomo dell’accordo di Oslo nel 1993. Entrambi perseguirono tenacemente l’obiettivo della Pace in Palestina senza riuscire a vederlo realizzato.

Sia Lerner che Capanna, nello scrivere i due libri,  hanno ripreso in mano i loro vecchi scritti riportandone considerazioni ancora attuali e ricordandoci che da quasi cinquant’anni è stato tutto un susseguirsi di errori e di assenze del mondo occidentale nel prendere decisioni e nel pretenderne il rispetto. Entrambi ritengono che lo svilimento del ruolo dell’ONU di cui Israele ha ignorato le Risoluzioni ha privato il mondo intero dell’autorevolezza di una figura internazionale, cui aderiscono 193 Paesi, e che resta  l’unica voce  riconosciuta a dirimere controversie tra Stati.

“il fatto spaventevole è che oggi non c’è parvenza di legalità internazionale e a dominare è la prepotenza del più forte. E’ questo il motivo per cui la guerra prospera e il mondo sta bruciando tra tensioni crescenti.” (Mario Capanna).

In occasione della presentazione organizzata da “il Randagio” del libro di Mario Capanna e di quella alla libreria Feltrinelli del libro di Gad Lerner,  che si sono susseguite nel giro di pochi giorni a Napoli, Il Randagio ha posto agli autori le stesse due domande: cosa fare nell’immediato e quale può essere la soluzione di questo secolare conflitto.

Ebbene, partendo da presupposti diversi, da storie diverse, entrambi ci hanno risposto allo stesso modo: CESSARE IL FUOCO subito e in prospettiva creare le basi per la costituzione di un vero Stato Palestinese che conviva pacificamente con quello di Israele. 

Per dirla con Bertold Brecht, “è la semplicità che è difficile a farsi”.  Ma è l’unica strada da percorrere.

Amedeo Borzillo

Eventi Randagi: Mario Capanna a Napoli con Luigi de Magistris, Omar Suleiman e Amedeo Borzillo, foto di Ciro Orlandini e servizio del tg3 Campania

La “soluzione imprescindibile” per la pace nel libro Palestina-Israele

Clicca per vedere il Video del tg3 sull’evento

Mario Capanna e Luciano Neri a Napoli giovedì 16 maggio per “Palestina Israele”

Con la presentazione del libro “ Palestina Israele ” di Mario Capanna e Luciano Neri edito da Mimesis si inaugura la rassegna di eventi letterari organizzata dalla rivista letteraria Il Randagio (www.ilrandagiorivista.com) a Napoli. L’incontro alla presenza dei due autori, con gli interventi di Luigi de Magistris e Omar Suleiman si svolgerà alla libreria Raffaello giovedì 16 maggio alle ore 18,00 e sarà introdotto da Cristina Marra e moderato da Amedeo Borzillo.

Con “Israele Palestina” Mario Capanna e Luciano Neri riportano la loro esperienza diretta dalla Cisgiordania, da Gaza e da Israele, privi dei condizionamenti della propaganda occidentale. Un viaggio iniziato ormai oltre cinquant’anni fa, negli anni Settanta, che ha portato a incontri, relazioni e preziose testimonianze dai Territori Occupati. Documentando in modo rigoroso e con numerose fotografie le responsabilità nella mancata soluzione del conflitto, gli autori mostrano con chiarezza che l’unica alternativa a una guerra che sembra destinata a durare in eterno è la pacifica creazione di un vero Stato palestinese che possa convivere con quello di Israele. 

Mario Capanna

Intervista a Mario Capanna di Amedeo Borzillo

Mario Capanna è un attivista, scrittore e politico italiano. È stato fra i leader del movimento giovanile del Sessantotto e segretario e coordinatore di Democrazia Proletaria.

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Partiamo da Noi tutti, il tuo libro che alcuni anni fa presentammo a Napoli in una sala gremita. Ci parlasti di coscienza globale accresciuta, in proporzione all’aumento dei pericoli che minacciano la specie umana e la Terra, e di risveglio delle coscienze. Gli eventi anche molto recenti sembrano però andare in direzione contraria: ridotta reattività alle ingiustizie sociali e sconvolgimenti climatici vissuti con indifferenza se non rassegnazione. Cosa ne pensi oggi?

Bisogna guardare le due facce della medaglia. Da una parte i ceti dominanti (finanziari, economici, militari, istituzionali ecc.) tengono il piede sull’acceleratore del profitto, che sta portando il mondo verso la catastrofe: i mutamenti climatici, che ormai stanno pregiudicando lo stesso futuro umano; la terza guerra mondiale a pezzi, che è in corso; la ripresa convulsa della corsa agli armamenti; la povertà crescente globale, nello stesso Occidente opulento; la società dell’1 per cento, dove l’1 per cento dell’umanità possiede ricchezze e beni che superano quelli del 99 per cento!

Dall’altro lato, però, si stanno affermando significative controtendenze: i giovani che si mobilitano in ogni dove per contrastare i mutamenti climatici; le grandi mobilitazioni attuali, in ogni parte del mondo, a sostegno del popolo palestinese, contro la carneficina a Gaza perpetrata da Israele sostenuto dal padrone americano;  il numero crescente di Paesi che non sopportano più il ruolo degli Usa come gendarmi e dominatori del mondo.

Certo: non abbiamo ancora scongiurato il pericolo originario che ci grava addosso: i miliardi di “io” che non riescono a pensarsi come un “noi”, vale a dire come un’unica famiglia umana, consapevole che, se continua a distruggere il Pianeta, come sta facendo, non ne ha un altro di ricambio. 

Il cammino verso l’acquisizione di questa coscienza globale è lento, ma è in atto. Ognuno di noi può – e deve – contribuire ad accelerarlo.

Le guerre in atto hanno mostrato un compattamento del pensiero unico che criminalizza il dissenso e controlla l’informazione per adesione necessariamente “spontanea”. Tu sei una delle poche fonti di controinformazione sui social e nei tuoi interventi sui media. Può bastare?

Entrati nell’epoca della post-verità, l’informazione ufficiale si è trasformata in propaganda:  una merce fra le altre, come le altre, che si fabbrica (da chi ha il potere di farlo), si vende e si compra, come i telefonini, le auto ecc.

Nella propaganda le affermazioni sono apodittiche e le prove un optional. Così gran parte del giornalismo si è trasformato in “giornalismo”, ovvero nella superfetazione delle “notizie” secondo la post-verità. Non è poca cosa: per molti giornalisti la deontologia è diventata come la suola della scarpa, e questo pregiudica la formazione dell’opinione pubblica, e dunque della democrazia.

La propaganda è l’autoesaltazione del capitalismo che, però, per quanti sforzi faccia, non riesce più a essere credibile, dato che appare come incapace di risolvere i problemi maggiori del mondo. Il ricorso alla guerra è la più tragica scorciatoia di questa incapacità.

Vedi Israele: la sua guerra di sterminio contro Gaza, l’apartheid feroce nei confronti del popolo palestinese sono i sintomi di una prepotenza fondamentalista, che crea nell’opinione pubblica internazionale il massimo isolamento dello Stato sionista e del suo protettore, gli Usa.

Il lavoro di controinformazione è dunque fondamentale. Io mi ci dedico anima e corpo, però è ovvio che non è sufficiente. Ma ho la sensazione che, per fortuna, c’è un numero crescente di spiriti liberi – di spiriti critici – che non si rassegnano al pensiero unico e si battono perché la verità emerga. Questa è una buona cosa.

In Noi tutti, insieme esalti la necessità di superare il  “NOI” che ha assorbito il “noi”, le nostre singole individualità e l’insieme dell’umanità; che scandisce le nostre esistenze, le plasma e le regola, fino al punto da impedirci, ormai, persino di rendercene conto. E non ci sarà alternativa fino a quando “accetteremo di essere ostaggi e prigionieri del NOI”. Che fare? (Avrebbe chiesto qualcuno 120 anni fa!)

“Noi” è il pronome più bello. Quando le tre lettere diventano maiuscole, si converte nel suo contrario.

“NOI”: Nuovo Ordine Internazionale o, che lo stesso, Nord Ovest Imperante. È la situazione che va avanti almeno da trent’anni, dalla caduta del Muro di Berlino e dalla dissoluzione dell’Urss in qua, con il ruolo egemone di Stati Uniti e Nato come regolatori del mondo.

Ma oggi la situazione sta mutando. Il mondo unipolare non regge più. Pure in mezzo a contraddizioni, i popoli si muovono verso il multipolarismo.

I Paesi Brics  (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) stanno aumentando di numero e di consistenza. E vogliono essere protagonisti dei nuovi assetti del mondo. Rappresentano la grande maggioranza della popolazione mondiale. 

Tutti i Paesi Nato rappresentano appena l’11 per cento degli umani, una netta minoranza. Sono ricchi e super armati, ma il loro ruolo comincia ad affievolirsi. Il pericolo è che reagiscano sempre più con la guerra (vedi l’aggressività Usa contro la Cina).

Come scongiurarlo? Facendo ogni sforzo per accrescere la coscienza critica delle persone e dei popoli. Realizzando, in ciascuno di noi, quella rivoluzione di pensiero necessaria perché i mutamenti verso la pace siano concreti e durevoli. Senza rivoluzione dentro di noi, non ci sarà il cambiamento fuori di noi – attorno a noi. Chiunque lavora in questa direzione fa progredire il risveglio del mondo.

La questione migranti manifesta da un lato una forte solidarietà popolare ma dall’altro un arroccamento politico dell’Occidente: si alzano muri e si costruiscono lager in una orwelliana induzione al pensiero unico della difesa dei propri privilegi. Forse è rimasto solo papa Francesco a usare le parole giuste per indignarci e reagire aprendo cuori e confini?

Le migrazioni ci sono sempre state, da che mondo è mondo, e fermarle è impossibile. Gli stessi popoli europei sono il risultato di migrazioni provenienti dall’Asia, dal Medioriente, dal Nord Africa.

L’atteggiamento odierno dell’Occidente opulento rispetto ai migranti è emblematico del cinismo della logica del profitto. L’Occidente ha rapinato il resto del mondo almeno dalle crociate in qua.: con la pratica intensiva della schiavitù, lo sterminio dei nativi d’America, l’uso intensivo delle guerre (quelle commerciali e quelle degli eserciti).

Dimentichi di questo, oggi vorremmo che gli immigrati non venissero a infastidirci in mezzo allo sfavillio delle vetrine delle nostre città. Ridicolo. Almeno quanto il comportamento del governo di destra attuale.

Torniamo a costruire muri dopo lo sbriciolamento di quello di Berlino. Paradossale e miope. Abbiamo bisogno di manodopera, ma respingiamo chi viene a offrircela, Non c’è alternativa all’accoglienza gestita con una intelligente integrazione.

Su questo e altri temi – la pace e la guerra, la salvaguardia dell’ecosistema, il fatto che “questa economia uccide” ecc. – io, lo dico da laico, considero mio fratello Papa Francesco.

D’altra parte lotto da sempre per creare convergenze tra il pensiero cattolico più dinamico e quello laico più autentico. Il futuro, nel nostro Paese, passa anche da questo crocevia. 

Amedeo Borzillo