Intervista a Barbara Baraldi per “Gli omicidi dei tarocchi” (Giunti, 2025), di Gabriele Torchetti

Oggi il Randagio incontra Barbara Baraldi che, con il suo ultimo lavoro, “Gli omicidi dei tarocchi” edito da Giunti, si conferma una delle regine indiscusse del thriller italiano. Ambientato in una Trieste magica e minacciosa, il romanzo segue la commissaria Emma Bellini alle prese con un misterioso serial killer che lascia sulle scene del crimine tarocchi creati a mano da Maia, sorella di Emma, artista ed esperta di esoterismo. La trama, che oscilla tra l’indagine razionale condotta da Emma e quella basata sull’occulto e sui tarocchi portata avanti da Maia, obbligherà le due sorelle, che non si frequentavano da anni, a confrontarsi con un passato doloroso pur di fermare l’assassino. Con una scrittura tagliente Baraldi, che peraltro è curatrice editoriale di Dylan Dog, ci regala un noir psicologico che fonde magistralmente suspense e introspezione, un thriller che ha “catturato” il nostro libraio di fiducia Gabriele Torchetti, che l’ha intervistata per noi.

Ciao Barbara, benvenuta al Randagio. Da appassionato di arcani e thriller, il tuo ultimo romanzo pubblicato da Giunti, Gli omicidi dei tarocchi, mi ha letteralmente catturato: non riuscivo a staccarmi dalle pagine. Ci racconti com’è nata questa storia e da dove ti è venuta l’ispirazione?

L’idea è sbocciata durante una conversazione con i miei editor Giunti, Nicoletta Verna e Antonio Franchini. Ci siamo incontrati al bar sotto la redazione milanese della casa editrice per una chiacchierata informale, durante la quale è uscita la mia passione per i tarocchi, che mi hanno sempre affascinato sia come strumento di conoscenza che dal punto di vista artistico. E poi… da un po’ di tempo c’era un libro seduto sulla mia libreria “esoterica”, che aspettava solo di essere letto. Un regalo di una cara amica: La via dei Tarocchi di Jodorowsky-Costa. Mi sono buttata a capofitto nella lettura e fin dalle prime pagine ha ribaltato la concezione che avevo dei Tarocchi: da strumento di divinazione a mezzo per conoscere se stessi, in una sorta di auto-analisi.

Emma e Maia Bellini sono protagoniste assolute, due sorelle agli antipodi: Emma è un’investigatrice lucida e metodica, Maia un’artista fragile ed emotiva. Qual è il loro rapporto? Come hai costruito il dualismo tra questi due personaggi così apparentemente distanti fra loro?

Sono da sempre interessata al tema della dualità, del doppio, sia in arte sia in letteratura. Le due protagoniste si sono affacciate alla mia mente fin da subito e ho lavorato alle loro caratteristiche per contrapposizione. Maia ha un temperamento artistico, è intuitiva, bravissima a prendersi cura degli altri, ma mette se stessa sempre in fondo alla lista delle priorità. Emma è una commissaria dal pensiero pragmatico, apparentemente tutta d’un pezzo, ma tende a reprimere le proprie emozioni, e questo si rivela una debolezza nel modo che ha di rapportarsi con gli altri. Da qui ho sviluppato la trama investigativa seguendo due metodi differenti, proprio a seconda della personalità della protagonista che si trova a indagare: l’una attraverso il metodo deduttivo tipico del mystery all’inglese e l’altra attraverso il metodo intuitivo, legato ai tarocchi e all’inconscio. Non è un caso se Narciso e Boccadoro – incentrato sul tema del dualismo dell’animo umano – è uno dei romanzi che più ho riletto durante l’adolescenza.

Nel romanzo i tarocchi non sono semplicemente uno strumento divinatorio, diventano una chiave per esplorare l’inconscio, per leggere il presente piuttosto che il futuro. Come sei arrivata a questa idea e in che modo hai integrato questo approccio nel percorso dei tuoi personaggi?

È un’interpretazione che segue il metodo Jodorowsky, che associa gli arcani agli archetipi junghiani. I riferimenti del romanzo sono dunque più legati alla psicanalisi che alla divinazione. Del resto, sono convinta che viviamo in un costante presente e il futuro lo costruiamo un passo alla volta tramite le nostre scelte. Come dice uno dei personaggi, “tutto ciò che è dentro i tarocchi è già dentro di te”. È una frase in cui mi ritrovo, anche perché per natura tendo a far caso ai simboli che mi circondano, e quando capita una coincidenza il mio pensiero va subito a Jung e alla sincronicità. A guidarmi, talvolta, sono state proprio le letture che ho fatto ai personaggi, adoperando i tarocchi di Marsiglia.

Trieste ha un’atmosfera particolare, a cavallo tra culture diverse. Perché hai scelto proprio questa città come ambientazione?

Svevo la chiamava la “città del vento”. Per Umberto Saba: “Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore”. È una città letteraria, misteriosa, che mi ha affascinato sin dalla prima volta che l’ho visitata.

Sei la curatrice editoriale di Dylan Dog, personaggio iconico del fumetto e della cultura pop italiana (creatura di Tiziano Sclavi). Senti una responsabilità nel portare avanti un progetto così importante? E come immagini il suo futuro?

Credo che se mi fermassi troppo a pensare alla responsabilità di portare avanti un personaggio iconico come Dylan Dog, che del fumetto ha fatto la storia, mi tremerebbero i polsi. Per fortuna sono una persona pragmatica, quindi tendo a concentrarmi sul lavoro, a testa bassa, cercando di fare ogni giorno del mio meglio. Il focus è di proporre ogni mese storie imprevedibili, scritte con la voglia di entusiasmarsi (e di entusiasmare i lettori), all’insegna della varietà, sperimentando sia a livello di narrazione che di resa grafica, abbracciando tutte le sfumature dell’orrore, che rimane a oggi il genere che più di ogni altro ci permette di relazionarci con il nostro inconscio e con le nostre paure più profonde. Il futuro prossimo su Dylan lo stiamo letteralmente scrivendo (e disegnando): si avvicinano le celebrazioni del quarantennale. Quello che posso dirvi è “aspettatevi l’inaspettato”.

Gabriele Torchetti

Gabriele Torchetti: gattaro per vocazione e libraio per caso. Appassionato di cinema, musica e teatro, divoratore seriale di libri e grande bevitore di Spritz. Vive a Terlizzi (BA) e gestisce insieme al suo compagno l’associazione culturale libreria indipendente ‘Un panda sulla luna‘.

Claudia Carrescia: Arcano (Gruppo Albatros Il Filo), di Amedeo Borzillo

L’anno scorso Claudia Carrescia ci fece dono di un romanzo storico scritto a quattro mani con Paolo Iorio, ed alla cui presentazione io esordii dicendo che leggendo “La Sirena di Posillipo” mi era sembrato di entrare in un film, tanto l’ambientazione, la storia ed i dialoghi avevano circondato e preso me, lettore, immergendolo letteralmente nel mondo del romanzo.

Ebbene questo nuovo libro è … semplicemente altro.

E quella che segue non è una recensione ma la storia di una sensazione.

Con Claudia Carrescia ci si deve abituare alla sua ecletticità, versatilità e continua ricerca: pianista, ambientalista, attivista, biografa, formatrice… Claudia si trasforma per lasciarsi permeare dalla realtà e farne parte.

Il suo nuovo lavoro è ispirato alla carta numero 13 dei tarocchi, l’unica senza nome tra gli Arcani Maggiori. Si tratta della Morte che l’autrice usa come pretesto per illuminare un concetto, nella nostra parte di mondo, così pauroso e, appunto, “arcano”.

Il libro supera il romanzo o il saggio o la raccolta di racconti e diviene letteralmente un pacchetto di schede, un mazzo di carte, un quaderno di appunti, un pannello di pizzini, una scrittura inedita. Da leggere d’un fiato.

Un gioco con le carte, di storie, di corpi e di colori. Ognuno può gestirsi le storie come crede, mescolandole e senza uno schema che comunque emergerà nel lettore.

Dolore e sofferenza, girando la pagina, diventano comicità di coatto. Persone, non personaggi, con vissuti complessi o contorti si alternano in brevi letture tutte apparentemente scollegate ma che solo insieme prendono corpo e hanno senso, coinvolgendo, divertendo o addirittura sconvolgendo nel racconto di una violenza.

Sentimento, dolore, brutalità, assurdo e malattia vengono mescolati per creare un patchwork che tutto insieme si completa e diviene dieci colori. 

Ad ogni personaggio vengono del resto accoppiati un seme ed un (o più) colore che suggeriscono, se vogliamo, una lettura con un ordine diverso, inseguendo le storie con la stessa indicazione di colore e seme o semplicemente incrociandole, mescolandole.

Una possibilità di lettura apparentemente disordinata ma certamente libera dallo scontato.

Bello davvero. 

Ricordo Claudia sotto la pioggia trent’anni fa su un motorino con un tavolino di traverso dopo una raccolta firme.

Allora come oggi non si smentisce, lei ci crede in quello che fa.

Si spende, rompe gli schemi, e scrive “Arcano”.

Claudia Carrescia è biografa, formatrice autobiografica, ghostwriter, editor e docente di tecniche della narrazione. Conduce seminari collettivi e consulenze individuali con un proprio metodo dedicato agli adulti e fondato sulla centralità del corpo e sul gioco.
Ha scritto con Paolo Jorio il romanzo storico “La sirena di Posillipo”, pubblicato da Rizzoli nel 2024. È docente presso la Libera Università dell’Autobiografia e fondatrice dell’agenzia di narrazioni storieria.com