IL BITINICCO ARRABBIATO
VITA AGRA DI UNO SCRITTORE IN LIBRERIA
“Datemi il tempo, datemi i mezzi, e io toccherò tutta la tastiera – bianchi e neri – della sensibilità contemporanea. Vi canterò l’indifferenza, la disubbidienza, l’amor coniugale, il conformismo, la sonnolenza, lo spleen, la noia e il rompimento di palle”.
Così scriveva Bianciardi, qualche tempo fa. Io sarò più misurato, mi limiterò a rompervi le palle.
PRIMO SBERLEFFO
Ma starò anche attento a lasciare uno spiraglio di speranza, in ossequio ai dettami della comunicazione contemporanea. Non sia mai che quei quattro lettori rimasti si avviliscano. La clientela, si sa, non va contrariata in nessun caso.

E sì, la clientela. Perché è solo questo ormai che riconosciamo nell’altro, un consumatore e niente più.
Nulla di sorprendente. Siamo un Paese che vive alla giornata. In qualunque contesto lavorativo, l’unico dato che conta sono i numeri che ognuno è costretto a snocciolare per garantirsi lo stipendio.
E raggiungere il budget del mese e poi quello del primo semestre e infine dell’anno, invece di essere uno strumento di verifica della qualità del proprio lavoro, s’è trasformato nel lavoro in sé. Cosa si venda in tutto questo frattempo è diventato di conseguenza marginale.
Da un certo punto di vista è anche più comodo. Per servire un lettore occorre preparazione. Bisogna non solo conoscere gli autori, leggerne i libri, informarsi presso i giornali, le riviste specializzate. È necessario anche saper distinguere e inoltre valorizzare il progetto letterario di una casa editrice rispetto a un’altra, seguire le fiere, i premi letterari. Una fatica! Con i consumatori è tutto più facile. Si cavalca il fenomeno mediatico del momento e tanti saluti alle recensioni dei quotidiani!
Un tempo ci si doleva del fatto che la politica avesse ceduto il primato all’economia. Ecco, nel nostro piccolo, abbiamo fatto lo stesso, il mondo editoriale ha ceduto il primato ai media, vecchi e nuovi. E così ci siamo adattati a vendere le opere di gente che, più che scrivere, buca lo schermo con la propria simpatia. Ma il budget, per l’appunto, è garantito, e nessuno si lamenta. Del resto, perché lamentarsi? Si rischierebbe di fare la figura dei reazionari e basta. Mentre chi ostenta interesse per i fenomeni social che piacciono tanto ai ragazzini, dimostra non solo di essere aperto alle novità ma, assecondando il gusto dei figli, riesce a compiacere anche le madri, e magari a vendere loro qualche libro. Meglio di così!
Insieme ai piacioni della rete, c’è un secondo fenomeno che l’industria culturale sta cavalcando senza freno, i libri che instillano fiducia in se stessi. Non sono saggi. Qualcuno è addirittura collocato nel settore di Narrativa. Mentre il grosso entra di diritto nel genere che oggi va per la maggiore, la Varia. Gli autori di queste opere hanno una sola cosa in testa, dimostrarci quanto valore abbia il quotidiano di ognuno di noi – anonimo solo a un occhio poco attento, il nostro. Meriterebbero un plauso, per la pervicacia con cui si ostinano a confortarci. Anche se non sono un granché. Infatti, più che stimarli, siamo loro grati.
La scintilla di speranza. Una signora entra in libreria. Non saluta. Il mio è il punto vendita di una catena di librerie e la gente dà per scontato che i rapporti siano impersonali. Reagisce perciò con sorpresa quando, oltre al buongiorno, le chiedo delle sue letture. Chiacchieriamo per qualche minuto, le suggerisco diversi libri, ne prende un paio. Settimane dopo torna soddisfatta. Sulla base delle sensazioni che certi titoli le hanno trasmesso, le propongo altri romanzi. La storia si ripete, va avanti per mesi, anni. Nasce un legame.
Siamo all’oggi, ormai ci diamo del tu, siamo diventati amici. Anzi, di più, abbiamo costituito una piccola comunità – conosco le figlie, mi ha presentato sua sorella. Il marito no, i mariti non leggono quasi mai.
Questo è il senso e, insieme, il sogno di un libraio. L’unico uomo che insegue ancora un’Utopia. Credendo egli, attraverso la letteratura, di cambiare le persone, e alla fin fine il mondo. Almeno ci prova, il nostro ultimo eroe romantico.
Davide D’Urso

Davide D’Urso scrittore, libraio, operatore culturale. Dirige una libreria nei Campi Flegrei. Esordisce con la raccolta di racconti “Il paese che non voleva cambiare” (Manni, 2007). Successivamente, cura per il sito on-line della Fondazione Premio Napoli la rubrica “In mezzo ai libri”; i racconti apparsi sul sito confluiranno poi nell’antologia “Incontri notevoli di un libraio militante” (Valtrend, 2012). Nel 2013 partecipa all’antologia “Fuoco sulla città” (Ad Est dell’Equatore) con il racconto “Fuocoefiamme”. Nel 2014 è la volta di “Tra le macerie”, romanzo pubblicato per l’editore romano Gaffi. Il suo ultimo lavoro, I famelici (Bompiani) è uscito nel 2021.

