Alexandre Dumas: “Cagliostro” (Roberto Nicolucci Ed.), di Cristi Marcì

C’era una volta Cagliostro 

Ambientato agli albori della rivoluzione francese la figura di Giuseppe Balsamo viene magistralmente introdotta da Alexandre Dumas quale abile stregone e schietto illusionista, in grado di forgiare la trama di uno dei più grandi capolavori storici della letteratura.

Attraverso le inestimabili pagine, impregnate di politica, intrighi di corte e desiderio di riscatto lo scrittore e drammaturgo francese invita i suoi ignari lettori a perdersi tra i vicoli e i palazzi di un’epoca lontana ma al contempo adornata di sfumature e imprevedibili colpi di scena.

Sin dalle prime pagine, il padre di Edmond Dantès traccia un impervio sentiero che porterà il conte di Cagliostro all’interno di un nascondiglio dove le sorti del mondo dovranno obbedire solo ed esclusivamente a un’unica legge: abolire la monarchia vigente in Francia e presente al contempo nelle restanti parti d’Europa.

Il tutto costituendo le prime logge massoniche attraverso le quali ridisegnare un nuovo ordine mondiale dove sia la fratellanza sia l’uguaglianza difficilmente potranno vedere la luce del sole.

La scienza dell’illusione

Il personaggio di Giuseppe Balsamo, in arte Conte di Cagliostro, in arte Conte di Fènix si introduce abilmente tra i salotti damascati della monarchica vigente ordendo complotti e manovrando le vite dei principali reggenti della corona.  

La stregoneria è infatti uno degli strumenti maggiormente impiegati dal negromante capace peraltro di sedurre tanto il fascino della nobiltà parigina quanto la curiosità di chiunque desideri perdersi tra le pagine di questo splendido romanzo.

Scienza e illusione si mescolano vicendevolmente creando un’alchimia pronta a vacillare al minimo schiocco di dita, rimettendo in discussione un equilibrio dove la ragione cede sovente il posto alla pura follia e alla perdizione del proprio senno.

L’arte dell’inganno e dell’illusione creano quella miscela di ingredienti che dalla penna di Dumas si tramuta celermente in una pozione dal retrogusto amaro, in grado finanche di avvelenare il palato più fine e di obnubilare l’ultimo residuo della propria coscienza. 

Tuttavia attraverso questo viaggio ricco di colpi di scena conosciamo non solo la figura di Cagliostro bensì quella di tanti altri indimenticabili personaggi come quella di Althotas, maestro e precettore del protagonista e detentore di una antica verità che cercherà in tutti i modi di raggiungere: anche a costo della morte.

Storia e alchimia si fondono in un susseguirsi di fuochi d’artificio svelando in chiave simbolica quei numerosi materiali grezzi e atavici, di cui è connotata la psiche umana ma che all’unisono devono sottoporsi al travaglio di un’intima maturazione che spesso e volentieri rischia puntualmente di dissolversi.

La nigredo alchemica

L’aspetto nondimeno affascinante risiede proprio nella visione, nonché nella descrizione dell’animo umano adombrato da una corruttibile nigredo alchemica, la quale in maniera perpetua si riflette esclusivamente su una ubris sempre più inafferrabile.

Secondo la visione proposta dallo studioso junghiano James Hillman la corruttibilità dell’anima umana risiede proprio in un ripiegamento della propria immagine al di fuori della propria psiche a discapito di quanto già si custodisce ma non si conosce ancora.

In base a quanto proposto dallo psicoanalista americano e in relazione alle vicende storiche prerivoluzionarie proposte in questo romanzo, l’opera di Dumas non solo offre uno spaccato socio culturale tra la nobiltà e il popolo francese bensì quella cupidigia che da ambo le parti altro non desidera se non la propria affermazione a discapito dei propri simili.

Ed è proprio tra le strade di Parigi e la reggia di Versailles che spiccano le figure di Luigi XV, di Madame Dubarry (la favorita del re) del conte di Richelieu e di Gilbert, le quali sembrano illusoriamente manovrate dalla voce magistrale di Acharat: negromante per natura, alchimista per eccellenza e illusionista per diletto.      

Cristi Marcì*

* Cristi Marcì è uno psicoterapeuta psicosomatico junghiano. Grazie ai libri ha scoperto la possibilità di viaggiare con l’unica compagnia gratuita: la fantasia. Adora i gialli, la saggistica e i romanzi storici. Ad oggi ha pubblicato racconti brevi sulle riviste «Topsy Kretts», «Morel, voci dall’Isola», «Smezziamo», «Offline» «Kairos» e altre ancora. Scrive articoli per il periodico scientifico «Ricerca Psicoanalitica», «Arghia» e «Mortuary Street». Trovate una sua traccia anche su «Quaerere»