“La soluzione è annullare il modo di pensare razzializzato e altri modi gerarchici basati su dati demografici come genere, sesso, religione, nazionalità e classe. E qualsiasi altra cosa che è stata e continua a essere gli elementi costitutivi dell’impero nel corso della storia e in tutto il mondo“.
“Con il tuo lavoro, hai lottato contro ogni previsione, l’abbiamo visto, sei stata fermata, con ogni mezzo possibile, scrivendo, facendo film, facendo rumore per chi non ha voce e per la libertà di espressione nel tuo paese, lo Zimbabwe. Per favore, leggete la letteratura africana! Guardate oltre il vostro orizzonte. Siamo qui, siamo forti. Leggete cosa viene scritto nel continente. Non lasciate che questo rimanga un incidente isolato. Leggete libri africani”.

Ottobre 2021. Fiera del Libro di Francoforte. Consegna del Premio per la Pace. Scambio di battute ufficiali tra la scrittrice Tsitsi Dangarembga e la sua amica sociologa e scrittrice Auma Obama (sì, la sorellastra di Barack), che le ha consegnato il premio.
Scrittrice, regista, politica, Tsitsi Dangarembga è un personaggio straordinario. Dopo aver abbandonato gli studi di medicina a Cambridge, nel 1983 si sperimenta con successo in gruppi teatrali universitari e nel 1985, subito dopo la laurea in psicologia ad Harare, intraprende la sua carriera di scrittrice con la prima pubblicazione di una raccolta di racconti, per poi andare a studiare cinema a Berlino.
Ritornata in Zimbabwe ad Harare nel 2000, pochi anni dopo, entra in politica. Da allora ha continuato a denunciare la situazione nel suo Paese, nel 2020 è stata arrestata nel corso di una protesta antigovernativa perché ‘armata’ di un cartello We want better reform our Institutions, condannata e dopo sei mesi assolta in appello.
Seguendo Tsitsi nei suoi andirivieni biografici, tipici degli stati nevrotici, scopriamo che quando taglia il nastro dei suoi 28 anni, compie quel passo sensazionale, dissidente, trasgressivo che, oggi, la riporta sino a noi nella traduzione di Stefano Pirone: debutta nel mondo come autrice di “Nervous Conditions“, il primo romanzo scritto in inglese da una donna nera dello Zimbabwe, che ancora dopo 30 anni dalla prima edizione, nel 2018, la BBC, nomina come uno dei 100 migliori libri che hanno plasmato il mondo.
Che cosa fa accadere Tsitsi, narrando in “Io”, in quel suo primo libro di una altrettanto appassionata e prismatica trilogia a cui, per il momento, ha messo un punto nel 2020 con “This Mournable Body“?
Due decenni prima che lo Zimbabwe ottenesse l’indipendenza dalla Gran Bretagna, il 18 aprile 1980, e mettesse fine al governo della minoranza bianca, quando ancora quello Stato dell’Africa orientale, senza mare, era Rhodesia meridionale, semplicemente Rhodesia, la tredicenne Tambudzai Sigauke inizia le scuole superiori. Sulle sue spalle riposano le speranze economiche dei suoi genitori, fratelli e sorelle e della famiglia allargata, e dentro di lei arde il desiderio di indipendenza. Una cronistoria di formazione con andate e ritorni nel tempo, in una terra oramai fuori dal tempo politico, eppure, con le radici culturali mai eradicate dal colonialismo e dall’imperialismo culturale.

“Nervous conditions“, oggi “Nevrosi“, traccia il viaggio di Tambu verso la sua individuazione femminile e la crescita della sua personalità in una nazione che si ritrova anch’essa ad individuarsi socialmente e politicamente, nello sforzo di cambiare ed emergere sulla scena internazionale. Tambu si presta, nel divenire della storia, a rispecchiare i tormenti intimi e familiari originati e accentuati dalla colonizzazione. Fin da piccola, Tambu è fatta sentire diversa dalla sua famiglia, tanto che la discriminazione razzista e sessista innestata dai colonizzatori con i loro modi da bianchi ha plasmato, corrotto, il modo in cui vede il mondo e sé stessa, e il modo in cui la sua gente (famiglia, amici, colleghi) la vede. I temi dell’alterità, della perdita del senso di sé, della sofferenza da migrazione di ritorno, della cesura culturale e sociale ancorché spaziale e temporale e del razzismo radicato formano la costellazione che prende forma nel racconto scandito, minuzioso e potente di Tsitsi Dangarembga, alias Tambu.
Le figure femminili che popolano le scene e i ritratti di famiglia che percorrono il racconto sono numerose e dai densi profili che lasciamo scoprire ai lettori di Nevrosi. Due le protagoniste, forse l’una l’altra faccia dell’altra: Tambu, appunto, che incarna il desiderio di migliorare la propria condizione di ragazza del villaggio e di donna, attraverso l’istruzione ‘bianca’ che tutto consente solo se vuole, di cui presto ne vedrà le crepe che le daranno una sensazione crescente di soffocamento, sino a pensare con sospetto che, forse c’è qualcosa che non va in quella dinamica colonizzatori-colonizzati.
Nyasha, la cugina ‘bianchizzata’ di Tambu, è la ragazza che soffre per la migrazione di ritorno. Ha difficoltà a reintegrarsi in quella società rhodesiana così diversa da quella che aveva sperimentato in Inghilterra dove i genitori si sono trasferiti per molti anni. La terra africana delle radici ritrovata da Nyasha diventa traumatica a tal punto da scontrarsi duramente con il padre e porre in essere strategie di evitamento, estraneamento e allontanamento sino a trovare rifugio fatale nell’anoressia.
Qui il mal d’Africa è tutt’altro che quello degli esotici viaggiatori. Corrisponde piuttosto al senso del titolo Nervous Conditions preso in prestito dall’introduzione di Jean-Paul Sartre a I dannati della terra di Frantz Fanon:
La ‘condizione nervosa’ del nativo è una funzione di atteggiamenti che si rafforzano a vicenda tra colonizzatori e colonizzati che condannano i colonizzati a ciò che equivale a un disturbo psicologico.
Nevrosi, che torna in Italia grazie all’editore napoletano PIDGIN, è un libro semibiografico che descrive e anticipa i moti psichici che accompagneranno l’autrice lungo il corso della sua vita, in un caleidoscopio di affetti, nostalgia, isolamento, desiderio, bisogno di riscatto e tensione verso la libertà, non già solo liberazione.

Il talento di Dangarembga è proprio quello di aver preso la sua autobiografia e averla trasformata in un romanzo tanto poliedrico quanto altamente realistico, popolato di personaggi e di altrettanti profili psicologici, maschili e femminili, ognuno a proprio modo ‘danneggiati’ dall’interferenza straniera e dal sessismo. Sebbene le sue donne non sfidino apertamente e non rovescino i sistemi repressivi, non incidano una volta per tutte sui modi di pensare prevalenti, la loro forza e il loro successo sembrano essere radicati nel desiderio incrollabile di avere successo dove altri hanno fallito.
Al punto che neanche la morte di una persona cara può fermarle, anzi apre per loro passaggi nuovi seppur contraddittori…ma questo lo lasciamo scoprire ai lettori e alle lettrici di Nevrosi.
Rita Mele

Rita Mele: barese, ma da molti anni vive a Bolzano. Giornalista, giurista, formatrice, psicologa, insegnante di yoga. Progetti per il futuro: ballare

