La capacità di narrare il visibile e l’invisibile nei racconti di Floriana Coppola, di Cristiana Buccarelli

Floriana Coppola, scrittrice e poetessa napoletana, si occupa da un ventennio di narrativa e di poesia. Tra i suoi romanzi voglio ricordare La bambina, il carro e la stella (Edizioni Terra d’Ulivi 2021), dove la protagonista è una bambina rom che diventerà una grande musicista e la cui storia, che mi ha molto emozionata per questo suo essere ai margini e vivere una condizione di smarrimento, da cui poi riesce ad emanciparsi totalmente, si ricongiunge, a mio avviso, ai temi affrontati nei racconti dell’ultima raccolta dell’autrice: Nero Blues (La valle del tempo 2024). 

Infatti anche in questi ultimi racconti si parla di personaggi ai margini: c’è molto spesso un riferimento a condizioni di vita difficili, a volte anche distopiche e a un senso di disagio sociale; non a caso nella premessa alla raccolta l’autrice si riferisce alla parola tedesca ‘’unheimlich’:

Ora, perturbante, si rende in tedesco come unheimlich, ovvero letteralmente ciò che ti porta via dal centro del fuoco… 

I personaggi protagonisti di Nero Blues hanno molto spesso un problema da affrontare, qualcosa che li porta via ‘dal centro del fuoco’, da una condizione di vita tranquilla, come ad esempio il caso di un viaggio di emigrazione, di una malattia, del carcere, della violenza domestica, di un amore tossico, dell’aver avuto una madre difficile, dell’essere sopravvissuti a un incidente aereo, di un inizio di alzheimer, di una pandemia, di una sclerosi multipla. L’autrice ha la capacità di calarsi psicologicamente all’interno delle condizioni di vita di questi personaggi e in tal modo ci racconta, attraverso di essi, la complessità dell’essere umano e quanto il disagio sociale e fisico possa essere funzionale a un percorso di ricerca spirituale e interiore.

Ho chiesto a Floriana se questa operazione di immersione nella sofferenza dell’altro e la condivisione empatica di questi vissuti, le abbiano lasciato una traccia addosso.

E lei mi ha risposto: << per me ogni scrittura sia in narrativa che in poesia, da quando me ne occupo, non esula dal percorso del dolore altrui, dall’empatizzare con le storie degli oppressi, degli ultimi, di coloro che non hanno voce. 

Credo in una letteratura che non abbia in sé un aspetto né consolatorio né descrittivo, ma che sia un’immersione psico-esistenziale nel mondo interiore degli altri. Di conseguenza letteratura e psicoanalisi sono assolutamente intrecciate e per questo motivo le mie storie partono sempre da una convergenza profonda tra l’io narrante e l’io del personaggio che scelgo come se fosse una sorta di specchio, il rappresentante di una complessità che appartiene all’umano e in tal senso opero per una forma di scrittura trasformativa interrogativa e speculativa, mai consolatoria.>>   

C’è un altro elemento, a mio avviso molto interessante nelle narrazioni di Floriana Coppola ed è il fantastico. Questi personaggi subiscono spesso alla fine del racconto uno spostamento, una mutazione, di frequente subentra l’elemento del surreale, che appare come un espediente letterario improvviso che il lettore non si aspetta.

Ad esempio nel racconto Partenope c’è una donna che racconta a un amico un sogno molto inquieto, legato alla possibile distruzione di Napoli, e alla fine della storia entrambi si trasformano in creature marine:

un richiamo imperioso verso gli abissi li spingeva a tuffarsi

Invece nel caso del racconto Migranti, dove l’autrice riesce a descrivere con grande visività un viaggio terribile, crudo e veritiero, come se lei stessa ne avesse una memoria emotiva, la migrante protagonista a un certo punto si riferisce a una mutazione fantastica in un branco di creature marine:

Non eravamo pesci, non eravamo uccelli

In un altro racconto non c’è la mutazione ma è sicuramente presente l’elemento del surreale: si tratta della storia del guardiano di un Castello sul mare. Alla fine del  monologo il lettore scoprirà che questo personaggio è in vita da quasi quattro secoli. Qui si assiste a una fusione tra il tempo di invecchiamento della persona e il tempo millenario e stratificato del Castello, inoltre il protagonista è un grande sognatore fuori dal mondo, forse anche lui in qualche maniera ai margini, e mi ha ricordato per alcuni tratti un racconto di Mary Shelley, L’immortale

Ho chiesto dunque a Floriana cosa rappresenta per lei l’elemento del fantastico in letteratura.

Mi ha risposto così: << quando parlo di fantastico per me non si tratta di pura fantasia ma di immaginazione performativa, cioè di capacità di narrare ciò che è visibile ma anche ciò che è invisibile. Slittare sul piano della surrealtà è fondamentale in tutti i miei libri, e in ogni mio romanzo c’è un riferimento al surreale; ad esempio in Donna creola e gli angeli del cortile (Ed. La Vita felice) c’è l’immagine di questa donna creola che è una profetessa, una sciamana, così anche ne La bambina il carro e la stella (Ed. Terra d’Ulivi) c’è il riferimento alla preveggenza della nonna e di conseguenza anche in questi ultimi racconti il fantastico è il performativo: cioè è quell’elemento che aiuta ad entrare in un’altra dimensione. Tutti gli escamotage fantastici dei miei racconti sono l’allegoria di un’altra dimensione.

È proprio attraverso questo elemento del surreale che molti di questi personaggi si salvano, si liberano dalla propria sofferenza, dal loro smarrimento, ottengono una redenzione.

E quindi le ho posto una terza domanda: <<Tu credi che la fantasia, l’immaginazione, possano nella realtà essere una formula per superare lo smarrimento e la sofferenza del vivere?>>

<<Fantasia e immaginazione non superano lo smarrimento del vivere, la letteratura è l’espressione di uno sguardo che si allarga, sente e percepisce in una maniera direi ‘cosmica’ il dolore dell’essere al mondo, la letteratura amplifica lo smarrimento e proprio in questo ci rende più umani in una visione non più antropocentrica ma capace di connettersi alla natura e al tutto>>.

Cristiana Buccarelli  

Cristiana Buccarelli è dottore di ricerca in Storia del diritto romano. Ha vinto nel 2012 la XXXVIII edizione del Premio internazionale di Poesia e letteratura ‘Nuove lettere’ presso l’Istituto italiano di cultura di Napoli. Ha pubblicato la raccolta di racconti Gli spazi invisibili (La Quercia editore) nel 2015, il romanzo Il punto Zenit (La Quercia editore) nel 2017 ed Eco del Mediterraneo (IOD Edizioni) nel 2019. Con Eco del Mediterraneo (IOD Edizioni) ha vinto per la narrativa la V edizione del Premio Melissa Cultura 2020 e la IV edizione Premio Internazionale Castrovillari Città Cultura 2020. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo storico I falò nel bosco (IOD Edizioni) con cui ha vinto per la narrativa la XVI edizione del Premio Nazionale e Internazionale Club della poesia 2024 della città di Cosenza. Nel 2023 ha pubblicato il romanzo Un tempo di mezzo secolo (IOD Edizioni) con il quale è stata finalista per la narrativa all’XI edizione del Premio L’IGUANA- Anna Maria Ortese 2024. Conduce da svariati anni laboratori e stage di scrittura narrativa.