E la quarta volta siamo annegati di Sally Hayden, trad. Bianca Bertola (Bollati Boringhieri), di Gigi Agnano

Siamo al terzo libro della nostra rubrica dedicata alle migrazioni.

Mentre in Stranieri alle porte Zygmunt Bauman parlava della nostra paura dello straniero e in Esodo Domenico Quirico scriveva del viaggio verso i confini dell’Europa; oggi la nostra rubrica ci porta al bel saggio della giornalista irlandese Sally Hayden dal titolo E la quarta volta siamo annegati, in cui si documentano le condizioni disumane dei migranti intrappolati in quei campi di concentramento che sono i centri di detenzione libici.

Dopo diversi anni di ricerche, l’Autrice scrive un reportage per denunciare le conseguenze disastrose delle politiche migratorie europee, ai danni di persone che fuggono da condizioni terribili nei loro Paesi, col sogno di una vita dignitosa nell’ Europa dei diritti.

Il libro si apre con la Hayden che riceve via Facebook nel 2018 un messaggio di SOS da un uomo eritreo, che la contatta in quanto aveva sentito parlare della giornalista e della sua indagine sulla corruzione delle Nazioni Unite nei campi profughi in Sudan:

“Ciao sorella Sally, ci serve il tuo aiuto”

L’uomo che si chiama Essey è in realtà un adolescente in viaggio da diversi anni. Catturato su un gommone nel Mediterraneo dalla guardia costiera libica e rinchiuso in un centro di detenzione a Tripoli, scrive da una stanza con centinaia di altri rifugiati affamati, disarmati, impotenti, mentre in tutta la Libia c’è la guerra.

Da quell’episodio prende il via l’indagine della Hayden:

“Senza volerlo ero incappata in una vera e propria tragedia, una violazione dei diritti umani di proporzioni epiche.”

La Hayden comincia ad ascoltare le testimonianze terrificanti di centinaia di detenuti isolati e indifesi:

“Erano stati tutti rinchiusi senza capi d’accusa né processo, a tempo indeterminato e senza che si prospettasse una fine della prigionia.”

E, dall’ascolto di quell’umanità straziata, l’Autrice sbobina racconti di inaudita crudeltà, una sorta di catalogo di stupri, abusi sistematici, torture e orribili traumi. Ci riferisce del trattamento disumano dei detenuti, delle percosse, di un fiorente commercio di schiavi, di riscatti estorti alle famiglie attraverso l’uso dei cellulari e dei Social, dei suicidi. O ancora per esempio di un ragazzo che muore di appendicite contorcendosi dal dolore; del sovraffollamento che costringe i detenuti a dormire nelle latrine; di condizioni igieniche terrificanti e delle malattie; di donne che partoriscono senza cure mediche; o della fame per cui le mamme smettono di produrre latte e i bambini di lacrimare.

Ma il libro è anche un racconto della vita intima di queste persone, della loro capacità di resistere, di sostenersi a vicenda, persino di innamorarsi.

Le cinquecento pagine fanno però emergere con chiarezza non solo le violenze, ma anche l’inefficienza e a volte la corruzione del personale delle agenzie delle Nazioni Unite, che avrebbe il compito di fornire aiuto e invece, per paura, ignoranza e inadeguatezza, finisce per acuire problemi già di per sé enormi. Il tutto foraggiato dall’Unione Europea che fornisce cifre considerevoli alle milizie libiche (faremmo meglio a chiamarle bande o organizzazioni criminali) col solo scopo di impedire ai rifugiati di sbarcare sul suolo europeo. Tra il 2016 e il 2021, più di 4,8 miliardi di euro (dei contribuenti) sono stati spesi dall’Europa per la difesa dei confini e ulteriori centinaia di milioni sono state promesse alla Libia dall’UE, ma anche da singoli Stati tra cui l’Italia.

Il volume offre, a tal proposito, un prezioso quanto drammatico quadro di cifre e statistiche. Ne scegliamo alcune a caso: per esempio sono quasi 20.000 gli uomini, le donne e i bambini annegati nel Mediterraneo sulla rotta dalla Libia a Malta tra il 2014 e il 2019; un migrante su cinque che ha tentato di lasciare la Libia nel settembre 2018 è morto o scomparso; “nei diciannove anni intercorsi dalla caduta del muro di Berlino, gli stati membri dell’Unione e dell’area Schengen hanno eretto quasi mille chilometri di muri di frontiera”, ecc…

Un resoconto devastante e commuovente che lascerà al lettore pochi dubbi sull’inadeguatezza delle nostre politiche migratorie. Politiche che vengono offerte dai governi europei come panacea di problemi sicuramente non generati dai rifugiati: sfruttamento neocolonialista, destabilizzazioni nei Paesi di origine, cambiamento climatico. Politiche per le quali, ad esempio, Italiani e greci sono arrivati al punto di criminalizzare gli attivisti, la gente comune, i pescatori che salvano i migranti in mare. La legge italiana prevede poi che l’ imbarcazione che opera un salvataggio si diriga immediatamente verso il porto assegnatole e vieta che quella stessa imbarcazione fornisca assistenza ad ulteriori barconi incrociati nel corso della navigazione.

Il reportage sulla migrazione e le crisi umanitarie della Hayden ha avuto svariati riconoscimenti. In particolare, è stato nominato come miglior saggio del 2019, tra gli altri, dal New Yorker, dal Guardian e dal Financial Times. C’è un mondo che non possiamo far finta di non vedere e storie che abbiamo l’obbligo morale di ascoltare.

Gigi Agnano

Migrazioni: un processo irreversibile – intervento a cura del Movimento Shalom onlus

Le migrazioni sono consone alla condizione dell’uomo a due gambe, naturali come il suo esistere, il suo vivere, il suo cercare cibo e acqua. L’uomo è da sempre migrato, anche prima di essere homo erectus. Chi si stupisce dei flussi migratori non ha ancora aggiunto al suo essere l’anello dell’homo sapiens, è ancora involuto.

Dunque non è una sorpresa, un fatto nuovo, ma un naturale processo della storia umana acuito dalle differenze sociali e da insopportabili ingiustizie.

Una scellerata economia e un’ assenza di politica globale hanno creato le condizioni per esasperare il problema. Terre ricchissime di risorse di ogni genere, abitate da moltitudini di diseredati, oppressi dalle armi che consolidano i loro dittatori, asserviti alle potenze mondiali e sempre più assetati di potere, ricchezza e armamenti.

La ragione spingerebbe i detentori dei capitali e del potere a distribuire equamente i beni della terra, garantendo a tutti cibo, acqua, scuola e salute. Invece questo sembra essere l’ultima delle preoccupazioni, basti guardare l’ingordigia delle case farmaceutiche e l’iniquo accesso ai vaccini.

La causa prima in assoluto delle fughe in massa dei derelitti è dei paesi ricchi e sfruttatori.

La ricerca dei diritti fondamentali per la vita è sacrosanto per ogni essere umano.

La prima cosa dunque è rimediare alle macroscopiche cause che determinano la necessità di migrare.

Purtroppo però di un piano finanziario globale per sollevare i paesi in via di sviluppo non se ne sente parlare.

È ovvio che non possiamo accogliere indiscriminatamente milioni e milioni di persone, dunque i primi accordi vanno presi con i paesi dai quali provengono e favorire una cooperazione che innalzi il livello economico delle nuove generazioni, insieme ad una sana educazione umana e professionale. È necessario anche disilludere i giovani che il nostro mondo sia il paese delle meraviglie e che lo scintillio della ricchezza ad ogni costo, anche con il crimine, corrisponda alla felicità.

Penso comunque che un ordinato e ragionevole numero di persone giovani che vengono in Europa e dunque anche da noi è auspicabile non solo per dovere di accoglienza, ma anche per la nostra economia.

Non crediamo, come molti dicono che l’Italia sia un paese razzista, pensiamo piuttosto che la cattiva gestione di alcuni di questi giovani prevalentemente africani, senza un’ occupazione o scolastica o lavorativa o sociale, ridotti a fare accattonaggio alle stazioni, ai supermercati, ai parcheggi, davanti le chiese o peggio a spacciare droga nei luoghi più disparati o arruolati dalla malavita o ad affollare le galere creino un sentimento di avversione non tanto verso le persone, quanto verso una politica sempre più inetta e inefficace.

Un paese come il nostro che ha oltre venti milioni di pensionati, che cresceranno ancora di più perché siamo fra i più vecchi al mondo, ha bisogno di persone produttive. Come tutti sappiamo senza i cosìdetti extracomunitari tante fabbriche chiuderebbero.

La loro accoglienza, a prescindere da un inderogabile dovere umano sancito da tutte le costituzioni europee, è una importante opportunità per noi sul piano economico. Vedo nel nostro piccolo universo legato a Shalom quanti affitti si pagano a cittadini italiani e quante persone sono impiegate per la loro assistenza e formazione; se si moltiplicano per tutti i centri di accoglienza escono fuori numeri occupazionali davvero ragguardevoli.

Pensiamo per un attimo a quanti insegnanti andrebbero a casa senza i loro figli che innalzano notevolmente il numero degli alunni.

E presto avremo bisogno anche di persone qualificate non solo per lavori manuali, ma anche di medici e infermieri, tecnici; per quanto riguarda i preti poi… basta aprire gli occhi.

I mutamenti in atto sono inesorabili è un processo al quale dovremo abituarci sapendo anche scoprirne i vantaggi. La varietà delle persone ci mostra il mondo in casa, il confronto con le altre culture e religioni aumenta il bagaglio talvolta scarso delle nostre conoscenze e apre ad orizzonti ampi il nostro pensare.

Non crediamo che sia un problema insormontabile una volta fatto tutto per sviluppare i loro ricchi paesi, fare della nostra Italia una scuola permanente di formazione alla mondialità con percorsi alle attitudini professionali e culturali, visto che siamo il paese che vanta arte, storia e genialità esportata in tutto il mondo.

Quante persone potremmo occupare in questi progetti educativi? L’Italia finalmente potrebbe riscoprire la sua vocazione educatrice ed i giovani una volta formati potrebbero rientrare nei loro paesi per favorire sviluppo o andare ad occupare posti di lavoro che nel futuro saranno sempre più richiesti.

Movimento Shalom onlus