Il Collettivo Bandelle e i Silent Reading Party – l’intervista di Rita Mele ad Alessia Dimiccoli

Il Collettivo Bandelle nasce nell’aprile di quest’anno a Bari dall’esperienza dei gruppi di lettura curati dall’ “attivista letteraria” Ilenia Caito, dove è emerso tra i partecipanti il desiderio di organizzare eventi che promuovessero la lettura in maniera meno convenzionale. In tal senso, il Collettivo ha deciso di proporre dei momenti di “Silent Reading Party“, una formula già sperimentata con successo a New York e che ha visto anche a Bari una partecipazione al di là di ogni più rosea aspettativa.

Incuriosita da alcuni articoli usciti anche sulla stampa nazionale (vedi, tra gli altri, Repubblica dello scorso 5 luglio), li ho contattati e ho intervistato Alessia Dimiccoli, componente del direttivo.

Ci spieghi in cosa consistono i Silent Reading Party e come si partecipa?

Partecipare ai nostri Silent Reading Party è veramente molto semplice: basta iscriversi sull’apposita piattaforma e portare all’appuntamento la lettura che si preferisce, un romanzo, un fumetto, una rivista, un libro d’esame, insomma, non c’è alcun tipo di restrizione. A differenza di quello che avviene per i gruppi di lettura, dove i partecipanti leggono preventivamente lo stesso libro e poi si incontrano per parlarne insieme, nei Silent Reading Party quello che si condivide è l’atto vero e proprio della lettura. Ci ritroviamo tutti insieme a leggere fisicamente nello stesso posto, condividendo lo spazio con altri lettori. E’ una condivisione silenziosa: lasciamo da parte lo smartphone per evitare ogni tipo di distrazione, ma anche per rivendicare in qualche modo il diritto ad essere offline, a non essere sempre performanti e reperibili. I nostri eventi iniziano con un momento di convivialità, un aperitivo o una merenda, che serve a far sì che i presenti, appassionati di lettura, si conoscano. E terminiamo la lettura silenziosa con un momento di condivisione guidato con maestria da Ilenia, durante il quale chi vuole può commentare liberamente quanto si è letto o raccontare le sensazioni derivanti da questo tipo di esperienza.

Come conciliate l’attivismo letterario con la vostra vita quotidiana e col vostro lavoro?

Non c’è una risposta univoca. Facciamo lavori veramente molto diversi e coltiviamo questa passione in maniera parallela alle nostre vite lavorative. Io personalmente faccio l’impiegata, ma c’è una componente che esercita la professione di medico, ci sono delle insegnanti e c’è un’altra impiegata come me. Discorso diverso per Ilenia Caito, che si occupa di attivismo letterario e di promozione della lettura da tantissimi anni, e per Alessia Ragno che si occupa di editoria, per le quali si tratta di un lavoro a tempo pieno.


Come il vostro attivismo letterario e i vostri gusti letterari possono contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica e a promuovere il cambiamento sociale?

Nel Collettivo Bandelle convivono gusti e interessi letterari talmente diversi tra loro che è veramente difficile anche solo riassumerli. C’è chi è appassionato per esempio di letteratura spagnola, o di poesia, o di graphic novel, o di silent book. E io credo che questa diversità sia fondamentale perché ci permette di non subire i nostri gusti letterari, e quindi di non volerli imporre agli altri. L’obiettivo è quello di coinvolgere quanti più lettori sia possibile. E non ci rivolgiamo solo ai cosiddetti lettori forti, ma l’obiettivo, sfidante direi, è quello di coinvolgere chiunque abbia un minimo di curiosità e di interesse per la lettura e che magari si trova a non poterlo coltivare per mancanza di voglia, di stimoli giusti o banalmente per mancanza di tempo.

Se poteste scegliere un libro per rappresentare il vostro collettivo quale sarebbe?

Come libro rappresentativo del collettivo mi viene in mente “La sovrana lettrice”, un piccolo romanzo, anzi un piccolo capolavoro di Alan Bennett. La storia è molto semplice. La sovrana, la regina Elisabetta, per una casualità si ritrova ad appassionarsi alla lettura così tanto che comincia a scrivere qualcosa di suo. Ed è un po’ quello che è successo ad ognuna di noi: ad un certo punto abbiamo capito che volevamo qualcosa in più e abbiamo dato vita a questa nuova realtà.


Qual è il vostro rapporto con i Social media e come li utilizzate per amplificare il vostro messaggio?

I Social hanno delle potenzialità innegabili da un punto di vista comunicativo e sono sicuramente uno dei mezzi di cui ci serviamo per dare risalto alle attività del collettivo e non solo; cerchiamo anche di farci conoscere come collettivo stesso e di far conoscere le persone che lo animano.

Avete mai collaborato con altri artisti o attivisti?

Coinvolgere, fare rete con altre realtà anche molto diverse dalla nostra è sicuramente linfa vitale per il collettivo. Al primo Silent Reading Party tra i partner avevamo una gastronomia, ma penso ovviamente anche a collaborazioni con realtà più affini alla nostra, quale può essere quella con la Feltrinelli di Bari dove teniamo la rassegna “I libri degli altri”, o ai “Presìdi del libro” con cui abbiamo organizzato l’ultimo Silent Reading Party. Crediamo che questa diversità sia efficace e che crei bellezza. Cerchiamo di coinvolgere scrittori e artisti. Ho accennato alla rassegna de “I libri degli altri” e vi anticipavo che nell’evento “Cose mai dette” avremo il piacere di ospitare diversi scrittori: Aurora Tamigio, Andrea Piva, Marcello Introna, Mavie Da Ponte… insomma, come dicevo all’inizio, cerchiamo di fare rete il più possibile, non solo con chi è simile a noi, ma anche con chi è molto diverso da noi.

Cosa pensate del panorama letterario attuale e del ruolo delle donne scrittrici?

E’ veramente difficile esprimere un’opinione che sia rappresentativa delle varie anime del collettivo sul panorama letterario attuale. Faccio però un paio di riflessioni sul tema. Quello che posso dire è che il panorama letterario siamo anche noi lettori. Acquistando i libri, scegliendo autori ed editori, contribuiamo alla creazione di questo scenario. E questo sicuramente fa parte della nostra responsabilità di fruitori di quella cosa bellissima che sono i libri. E poi faccio un’altra riflessione, spesso assistiamo a dinamiche nelle quali sembrano non riuscire ad emergere nuove voci. L’editoria tende a spingere su quei nomi e su quei tipi di narrazione che appaiono seguire per lo più solo per logiche commerciali. Penso per esempio alla narrazione del Sud che spesso viene portata avanti come luogo ameno, con paesini di casette bianche baciate dal sole, la vita lenta che rigenera… Mi piacerebbe che si desse più voce alla vera condizione del Meridione e a quegli autori che si impegnano a raccontarla. Sulle donne ci sarebbe veramente tantissimo da dire. Sicuramente c’è una parte del mondo dove le donne sono riuscite a prendersi almeno la famosa stanza tutta per loro. Esistono però ancora zone del mondo dove essere donna e sentire l’esigenza di scrivere e dire qualcosa è un problema. Credo che realtà come la nostra debbano dare il loro contributo per esempio nel ridare voce a quelle autrici che sono rimaste in sordina, dimenticate e non per loro demerito. E su questo abbiamo veramente novità importantissime in arrivo, che speriamo di condividere anche con con voi del Randagio.

Quali sono le vostre letture preferite?

Ci piacciono sicuramente quelle letture che ci danno degli spunti di riflessione. Che riescano a dare degli elementi ulteriori per guardare la realtà e per guardarla con una visuale più ampia. E poi non disdegniamo sicuramente le letture più leggere, quelle che magari ci fanno sorridere e accompagnano dei pomeriggi un po’ più spensierati.

C’è un messaggio che desiderate trasmettere alle nostre lettrici e ai nostri lettori?

Vi diciamo di continuare a leggere e di continuare a parlare di libri e, se avete piacere e voglia di supportarci anche da lontano, magari anche semplicemente seguendo le nostre pagine Social, Instagram e Facebook, ci trovate come “Collettivo Bandelle” e se passate da Bari, dalla Puglia, conosciamoci!

Come possiamo noi de Il Randagio sostenere e amplificare il vostro lavoro?

Intanto vi ringraziamo veramente tanto per questa opportunità che ci avete dato, di parlare del Collettivo Bandelle, di quello che facciamo, di chi siamo e spero che in futuro vogliate dare risalto alle iniziative e agli eventi che porteremo avanti. Abbiamo tantissime idee e speriamo di riuscire a realizzarle. La carica che ci dà anche il fatto di aver suscitato il vostro interesse per quello che facciamo è veramente grandissima.

Qual è il vostro sogno per il futuro del collettivo?

Il prossimo passo è quello di costituire giuridicamente l’associazione anche per intraprendere un dialogo con le Istituzioni e per poterle coinvolgere nelle attività che facciamo. Riteniamo che questa sia una questione importantissima e speriamo di poter continuare a parlare di libri e magari di coinvolgere sempre più persone che lettori ancora non sono, che non sanno che stanno per diventarlo.

Ringrazio tantissimo Alessia per le sue ricche e generose riflessioni, ma soprattutto per l’entusiasmo che traspare da ogni sua risposta. Penso di poter dire che sia lo stesso entusiasmo che anima il Randagio, che volentieri tornerà a parlare delle iniziative delle amiche del Collettivo Bandelle.

Rita Mele

Rita Mele: barese, ma da molti anni vive a Bolzano. Giornalista, giurista, formatrice, psicologa, insegnante di yoga. Progetti per il futuro: ballare

Musica Randagia: la playlist di luglio 2024

Abou Diarra, Marina Herlop, Galliano, The Zawose Queens, Boubacar Traorè, Rasha, The Smile, Tirzah e altri per la terza playlist di Musica Randagia.

La playlist di musica randagia

I musicisti:

Tikoubaouine, gruppo algerino di desert blues, originario di Tamanrasset. Cantano in Targui, uno dei dialetti Tuareg;

Abou Diarra, di Sikasso nel Mali, è un virtuoso di n’goni, uno strumento a corde dell’Africa Centrale;

Marina Herlop, trentaduenne catalana;

Fatou Seidi Ghali, tuareg del Niger, anche in duo ne Les Filles de Illighadad. E’ una delle pochissime chitarriste nigeriane;

Galliano, gruppo londinese nato nei locali underground a metà anni Ottanta;

Ballakè Sissoko, maliano, suona la kora, strumento a corde tradizionale originario dell’etnia mandingo/malinke, diffuso in tutta l’Africa Occidentale;

The Zawose Queens, tanzaniane di etnia Wagogo;

Bab L’Bluz, gruppo marocchino;

Les Filles de Illighadad, duo femminile nigeriano;

Boubacar Traorè, nato nell’ovest del Mali, chitarrista, cantante e autore;

The Smile, gruppo fondato nel 2022 dal frontman dei Radiohead Thom Yorke;

Rasha, sudanese, amalgama tradizione nubiana col blues del Sahel, il jazz ed il reggae con musicalità flamenche;

Kalabrese, svizzero di Zurigo come Sarah Palin che l’accompagna in questo brano;

Rajery, malgascio, musicista di valiha, uno strumento a corde simile alla cetra tipico del Madagascar;

Ignacio Maria Gomez, argentino di Bariloche, ma cittadino del mondo, eternamente in viaggio;

Tirzah, cantautrice londinese.

Per ascoltare la playlist randagia di luglio, clicca sulla foto:

Musica Randagia: la playlist di giugno 2024

Nusrat Fateh Ali Khan, Black Uhuru, N’gou Bagayoko, Tinariwen, Ryuichi Sakamoto e altri per la seconda playlist di Musica Randagia.

La playlist di musica randagia

I musicisti:

Super Deluxe, tra l’India e la Svezia, suonano reggae con influenze di musica indiana e un tocco di rock’n roll;

Popkulies & Rebecca, nati a Berlino nel 2006, si spostano nel sud della Francia, poi a Capo Verde, infine in Danimarca. Acustica fusa all’elettronica e la voce malinconica di Rebecca;

M.B.T’s Sound, Congo funky;

Hinds, duo rock al femminile di Madrid;

Nusrat Fateh Ali Khan, scomparso nel ’97, è il musicista pakistano più famoso al mondo grazie anche alle collaborazioni con Peter Gabriel e l’etichetta Real World. Cantante di qawwali, musica religiosa sufi;

Black Uhuru, gruppo reggae giamaicano nato nel 1972; progetto che nasce dall’incontro delle ninnananna Bantu con la musica elettronica e l’hip hop;

Sahra Halgan, cantante e attivista del Somaliland;

N’Gou Bagayoko, chitarrista del Sud-Est del Mali. In questo brano è accompagnato dalla moglie Nahawa Doumbia, una cantante molto popolare della regione Wassoulou;

Tinariwen, gruppo Tuareg, i cui musicisti vengono da Mali e Algeria. Suonano il Tishoumaren, un mix di musica tradizionale e blues;

Amir Perelman, cresciuto in Israele, fonde il Jazz con la tradizione indiana, armena e mediterranea;

Ryuichi Sakamoto, scomparso nel 2023, è molto probabilmente il più noto compositore giapponese, per la collaborazione con David Bowie e le numerose colonne sonore, tra cui L’ultimo imperatore e Il tè nel deserto;

David Sylvian, inglese, classe 1958, è stato il cantante dei Japan per poi intraprendere dal 1983 la carriera solista proponendo un’elettronica tra l’intimismo e l’avanguardia;

Majid Bekkas, Rachid Zeroual, African Gnaoua Blues, musica berbera del sud del Marocco.

Buon ascolto!

Allen Ginsberg 3 giugno 1926, di Gigi Agnano

Con la barba alla Whitman, il sorriso di una maschera greca, la pancia di Budda, Allen Ginsberg ha incarnato per tutta la sua vita la figura del beatnik, del vagabondo squilibrato che porta torrenti di poesia improvvisata e ritmata dovunque si trovi, fosse un supermercato o una stazione del Greyhound, una spiaggia o un jazz club; dell’attivista gay che si spoglia nudo, si fa arrestare, sottoporre a processo per oscenità, ricoverare in manicomio per protestare contro ogni guerra e l’atomica, per la liberalizzazione delle droghe e la rivoluzione sessuale, per una spiritualità anti materialista contro il conformismo vomitevole della società americana.

Dove  Kerouac era (soprattutto) “il romanzo” e Dylan sarebbe stato blues e ballate, Ginsberg era “la poesia”. E la poesia per antonomasia, la più conosciuta della beat generation, fu quell’Urlo, scritta, letta per la prima volta e pubblicata tra il ‘55 e il ‘56, che ci catapulta direttamente alla fine degli anni Sessanta per quel tributo ai poeti, agli artisti, ai pensatori, agli hipster, a tutti gli spiriti ribelli che, nella loro pazzia, sono gli unici saggi in un mondo malato.

Allen Ginsberg nacque a Newark il 3 giugno del 1926 e a noi Randagi piace ricordarlo nell’anniversario della nascita.

Gigi Agnano

Bob Dylan oggi ne fa 83, di Gigi Agnano

Bob Dylan oggi ne fa 83.

Come la prima scossa di terremoto o la prima ragazza che baci o il primo giorno di scuola o di lavoro, come la nascita di un figlio o qualsiasi cosa che giudichi significativa della tua vita, molti di noi non se la sono scordata la prima volta in cui hanno sentito la voce di Bob Dylan.

Era un graffio del vinile, un corvo con la raucedine nascosto in una cassa dello stereo, una passata di carta abrasiva sull’amplificatore.

Per qualcuno di noi, Dylan è stato l’inizio di tutto: subito dopo sono venuti i poeti della beat generation, poi Kerouac, Dylan Thomas, T.S. Eliot, Rimbaud, Apollinaire, come mattoncini che andavi a procurarti per costruirti la tua casetta della cultura.

Un percorso di tanti, con esiti diversissimi, non necessariamente collocati nella sola letteratura americana, ma tutti accomunati dal punto di partenza: le canzoni struggenti o mozzafiato di Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, menestrello ebreo di Duluth nel Minnesota, il più Randagio di tutti.

Uno che a 23 anni, in My Back Pages, cantava: “ero molto più vecchio allora, sono molto più giovane adesso”.