Napoletano in pillole: Lezione 2, di Simona Iaccio e Stefano Russo, autori de “Il Tesoro della Lingua Napoletana” (Edizioni MEA)

Dentro questa frase c’è una teologia di strada: il cielo interviene dove la vita si fa più dura e difficile e prova a rimettere in pari i conti con un raggio di sole. Se arriva il gelo, da qualche parte può arrivare anche una carezza di luce: qui la speranza è un gesto pratico. 

Spanne” vuol dire “stende, sparge, allarga”. Il sole si distende come un lenzuolo caldo sopra il freddo, che copre e asciuga. È un’immagine che si percepisce prima ancora di capirla. Questo è il talento della lingua napoletana: inchiodare le sfumature senza perdere il calore. 

Ecco perché i proverbi napoletani funzionano come mini-romanzi: neve come prova da superare, sole come risposta. In un’epoca che riduce tutto a slogan, o frasi motivazionali, la lingua napoletana fa l’opposto: complica con grazia e restituisce spessore… tutto senza perdere l’ironia.

C’è un’altra versione del detto che dice “‘O Pataterno addò vede a culata, llà spanne ‘o sole.” “Culàta” non è una parolaccia, bensì la “colata” del bucato, cioè l’operazione tradizionale in cui si faceva colare acqua bollente sui panni (spesso filtrata attraverso cenere, usata come sbiancante naturale) prima di stenderli ad asciugare. Così il proverbio diventa una fotografia domestica della provvidenza: Dio “spande” il sole proprio quando vede la biancheria fuori, quando serve davvero che il tempo regga. 

Simona Iaccio e Stefano Russo

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Buon divertimento!

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