Valentina Santini: “Latte guasto” (Voland, 2025), di Valeria Jacobacci

La  Maremma di Grosseto fa da sfondo a questa narrazione di Valentina Santini, classe 1983, scrittrice e sceneggiatrice di lavori televisivi, psicologa, editor e copywriter. L’indagine psicanalitica è peculiare di questo romanzo, interamente raccontato dall’interno di una coscienza, quella della protagonista, che ha perso la possibilità di rivelarsi attraverso le parole perché non ha voce per pronunciarle. Le parole in realtà ci sono e occupano tutto lo spazio esistenziale ma non servono a niente; la bambina, Viola, protagonista fragile e spettatrice di vicende più grandi di lei, ne è soffocata e oppressa ma incapace di liberarle dal profondo di se stessa: il mutismo selettivo, in seguito a un episodio traumatico, glielo impedisce.   Lo sfondo della vicenda è rappresentato dalle condizioni penosamente drammatiche di un piccolissimo centro, è Quattrostrade, vicino Ribolla.

In questa località, nel 1954, quarantatré persone morirono in un’esplosione di gas, avvenuto nella miniera di carbone Camorra, che fu in seguito chiusa. Nessuno risarcì le famiglie di quanti vi avevano lavorato ed erano morti. Si parlò di un semplice evento casuale. Il villaggio minerario della Montecatini era sorto intorno alla miniera e dopo l’incidente cessò di dare da vivere ai superstiti. Restavano i campi e gli orti.

Diversi anni dopo, in un orto entra Viola, che frequenta le scuole elementari e non si sente del tutto accettata dalla madre, cupa e schiacciata da una vita di donna tradita, e dal padre, amareggiato dall’aver perso il lavoro ed essere poi restato invalido in un incidente, presso la stazione di Scarlino, dove è operaio.

Viola entra in un giardino dopo la scuola per rubare ciliegie da dividere con l’amica del cuore, Sara. E’ una bambina come le altre ma entra in quel giardino e quando ne esce non parla più. Da quell’orto esce una piccola persona ingabbiata in un segreto che non può essere rivelato. La memoria però è intatta e le parole fluiscono in un quaderno che racchiude la sua storia. Su questa vicenda, la vita di una bambina confidata al suo diario, si riflettono il dolore e la solitudine di personaggi intrappolati in destini angusti e in drammi irrisolvibili. Al quaderno dell’infanzia segue quello dell’adolescenza e, infine, il terzo, destinato a chiudere la vicenda e a liberare le parole che dai quaderni voleranno fuori e saranno forse finalmente pronunciate.

Il pregio della scrittura di questo “Latte guasto” sta nel flusso del pensiero che trasporta il lettore nella mente di Viola e in qualche modo lo trasforma in Viola. E’ il mistero della mente umana, sede dell’individualità di ognuno, mai davvero comunicabile all’esterno. La mente è anche lo specchio dove si riflettono gli altri, spiati e indagati dalla singolare prospettiva di chi può solo congetturare sulla realtà altrui e su come funzionano le cose, come sono fatti i singolari meccanismi delle vicende umane.

Viola si porta dentro il suo segreto e contribuisce in questo modo alla rovina della madre, dentro di lei c’è invece l’unico desiderio di non farla soffrire e di proteggerla dalla verità. Bambini, adolescenti e adulti sono chiusi in compartimenti stagno dai quali è impossibile liberarsi. L’incomunicabilità è trasversale a età, temperamento e condizione sociale. Il padre e la sua amante sono adulti consapevoli della propria colpa, che nascondono per vergogna e rimorso; i ragazzacci, pronti alla violenza e allo stupro, sono rozzi e ignoranti, non possono crescere, troppo vigliacchi e istintivi. Paolo, unico personaggio positivo, è capace di amare Viola nonostante il suo mutismo ed è disposto a farlo anche a costo della vita. In scena entra anche la musica con la sua magia. Alla morte improvvisa del padre, Viola va a lavorare, come badante di una ragazza gravemente malata, in casa di un maestro di canto e pianoforte, del quale una delle allieve è Sara, l’antica compagna di scuola di Viola. La musica che arriva dal pianoforte non ha bisogno di parole per esprimersi ma Sara canta e le parole volano libere. Tuttavia nessuno è veramente libero, neanche la morte porta la libertà, i morti non sono mai davvero morti,  qualcosa di loro torna continuamente indietro.

Per fuggire via e ritrovare la voce, affinché le parole possano librarsi in libertà, c’è bisogno del fuoco, un fuoco liberatorio e purificatore. 

 Valeria Jacobacci

Valeria Jacobacci, scrittrice e pubblicista, è appassionata conoscitrice di storia partenopea e di biografie, spesso femminili, di donne che hanno caratterizzato i loro tempi. Si è interessata alla Rivoluzione Napoletana, al passaggio dal Regno borbonico all’Unità, al secolo “breve”, racchiuso fra due guerre. Ha pubblicato numerosi articoli, saggi e romanzi. 

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