Fabio Stassi: “Bebelplatz. La notte dei libri bruciati” (Sellerio), di Rita Mele

Sto riordinando le idee e le emozioni, preparandomi a trasformarle in parole capaci di trasmettere ai lettori de Il Randagio quello che si prova a leggere Bebelplatz. La notte dei libri bruciati di Fabio Stassi.

È proprio in questo momento che fa breccia in me la notizia della cerimonia di apertura della festa per la capitale europea della Cultura che, per il 2025, premia i comuni gemelli di Gorizia e Nova Gorica come esperienza senza precedenti di cultura transfrontaliera, nata nonostante i conflitti e i confini. Assaporando l’eccezionalità della scelta che mi parla di coraggio e di fiducia nella cultura nonostante le ombre, le incertezze e le paure che, in questi tempi, si addensano vicine e lontane da noi, comincio a scrivere. Ma ecco che – a voler cogliere una risonanza positiva – una news dal fronte di guerra di Gaza mi informa che le truppe dell’esercito israeliano si stanno ritirando dal corridoio militarizzato di Netzarim che ha diviso in due la Striscia di Gaza e che da oggi i palestinesi potranno tornare ad attraversare senza essere fermati dai militari israeliani. In rapido susseguirsi, e come se questi segni, già forti, non bastassero a incorniciare il mood in cui scrivo questa recensione, con una sincronicità perturbante con il nuovo libro di Stassi, scopro che la polizia israeliana ha sequestrato le tre librerie arabe a Gerusalemme est con l’accusa che vendevano volumi sovversivi. Proprio quelle Educational Bookshop, su Salah ed-Din, la via principale della Gerusalemme araba, che da anni sono conosciute come un’oasi di tolleranza e discussione.

Cornice tanto unica quanto reale questa, offerta dall’attualità, che si presta inaspettatamente a ripercorrere con voi lettori randagi, l’itinerario del viaggio spaziotemporale di Fabio Stassi, attraverso libri e autori, bruciati e esiliati, verbrannte und verbannte.

Il taccuino di viaggio che lo scrittore-lettore-bibliotecario Stassi annota pazientemente con andirivieni stilistici da un anno all’altro, da un autore all’altro, da un confine e una geografia all’altra, ci fa seguire una pista che sa di fuochi e di cenere, di ingiustizie abusi e sopraffazioni accesi da ideali e atti forti e simbolici da cui “nascano uomini di carattere, non più fatti di libri… L’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo fatto di libri, ma un uomo di carattere” (sic Joseph Goebbels, Berlino, 10 maggio 1933).

Bebelplatz, il titolo dell’opera pubblicata da Sellerio a ottobre 2024, è una dedica a ‘La notte dei libri bruciati’ la cui matrice, in una variabilità diacronica, si ripete dal rogo della biblioteca di Tebe del 1358 a.C. al più recente rogo con cui nel 2015, l’Isis, devastata la biblioteca di Mosul, dà fuoco a migliaia di libri ‘non conformi alla dottrina islamica’. A corollario del suo catalogo di fuochi librari, Stassi ci informa anche dei libri censurati e condannati alla distruzione o alla damnatio memoriae, da quelli di Lucrezio, Seneca e Tacito, passando per i fantasiosi Alice di Lewis Carroll, Winnie Puh di A.A. Milne e Il Mago di Oz, sino ad arrivare ‘in casa nostra’, a Venezia, dove, ancora nel 2015, il sindaco ordina il ritiro dalle scuole di 49 libri per l’infanzia perché lasciavano trasparire un’idea di famiglia non tradizionale.

La storia letteraria dei roghi dei libri giunge sino a noi con il titolo del prolifico autore Fabio Stassi. Romano, di origine siciliana, bibliotecario presso la Biblioteca di Studi Orientali della Sapienza, è un emblematico scrittore randagio on the railroad che predilige il setting ferroviario per raccogliere le idee e scrivere i suoi libri. La musica delle parole è la cosa più importante in letteratura, ha più volte detto nelle interviste: immaginiamo che per Stassi quella musica venga anche dal ritmo del viaggio e del camminare e in Bebelplatz ci concede di rinforzare questa idea. È infatti un libro con cui l’autore ci fa viaggiare nel tempo e nello spazio, sfogliando con noi libri della cui esistenza spesso non sapevamo o non possiamo più rinvenirne le tracce ridotte in cenere dal fuoco o occultate intenzionalmente dal potere di turno con il proposito di ‘costruire’ l’uomo, e perché no, la donna, nuovi.

Bebelplatz è uno di quei libri larghi, come piace dire a Stassi citando Manganelli che di Pinocchio, tanto caro al nostro autore, ha scritto ‘Nessun libro finisce. I libri non sono lunghi, sono larghi. La pagina non è che una porta ad altra porta, che porta ad altra. Finire un libro significa aprire l’ultima porta, affinché nessuna porta si chiuda piú.’ Beh, è proprio questa l’esperienza letteraria e sensoriale che ci fa vivere Bebelplatz, quella per cui, attraversando i cerchi di fuoco che hanno bruciato millenni di libri, si siano aperte e si apriranno ancora porte che non saranno mai le ultime e che non si chiuderanno per sempre, ma sempre, come un libro, si apriranno ad abbracciare i lettori del mondo, oltre ogni geografia, al di là di ogni muro, nonostante nemici e sicari.

La damnatio memoriae, a cui sono stati condannati autori e libri bruciati e occultati e di cui Stassi rende un ricco e documentato catalogo, sta persino nel titolo di questo libro. Bebelplatz, infatti, è il luogo ma non il nome della piazza di Berlino teatro inglorioso dove, il 10 maggio del 1933, quarantamila persone ‘si scaldarono’ gli animi al monito e all’incitazione di Joseph Goebbels, obbedendo al suo ordine di compiere l’atto ‘forte e simbolico’ di bruciare i libri ‘decadenti e antitedeschi’ perché dalle loro ceneri rinascesse, come araba fenice, ‘l’uomo di carattere’ del nazionalsocialismo. Il nome della piazza di quella notte delle ceneri era originariamente Platz am Opernhaus, poi Kaiser-Franz-Joseph-Platz e solo nel 1947 le autorità della DDR la intitolarono all’operaio, politico e anch’egli scrittore, August Ferdinand Bebel, cofondatore del Partito Socialdemocratico dei Lavoratori tedesco. Una sorta di rimozione storica, di capogiro o un timido tentativo di restitutio ad integrum, o entrambe le cose considerato l’imbarazzante drammatico evento? Sta di fatto che Bebelplatz, la piazza e il libro di Fabio Stassi e noi che lo leggiamo non dimentichiamo, anzi. Leggendo questo libro avremo una buona possibilità in più di affinare il nostro fiuto di lettori, oltre ogni odore di benzina e di cenere, per continuare a ‘farci di libri’, a raccontarci e a ri-raccontarci, a scrivere, leggere e ricordare oltre ogni porta, ogni muro, vegliando e alimentando il fuoco sacro della letteratura a cui sta a cuore tutto quanto accade.

E per non togliere il gusto della scoperta ai nostri lettori, ma per attrarli a navigare attraverso la mappa poliedrica, inedita e stupefacente, tracciata da Stassi nel suo libro-taccuino di viaggio, anticipo solo che ci dice molto di cinque scrittori italiani i cui libri furono praticamente o idealmente arsi durante il nazismo.

L’itinerario nello spazio letterario di casa nostra parte da Pietro Aretino, passa da Giuseppe Antonio Borgese, Emilio Salgari, Ignazio Silone e arriva a Maria Assunta Giulia Volpi. 

Parola di Randagia: nessuna anticipazione su ciascuno di loro per lasciarvi tutto il gusto della scoperta dell’elogio della libertà che Stassi ci offre restituendoci il suo racconto della ‘letteratura dannosa e indesiderata’ che forma e non solo in-forma. 

Rita Mele

Rita Mele: barese, ma da molti anni vive a Bolzano. Giornalista, giurista, formatrice, psicologa, insegnante di yoga. Progetti per il futuro: ballare

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