“Le poesie di “Ancora un viaggio” possono essere considerate delle semplici annotazioni, pagine di un diario, in cui l’Autore si fa fotografo dei suoi sentimenti ed emozioni, dei suoi stati d’animo e sensazioni. In questa sorta di album che dunque contiene istantanee di vita, egli guarda se stesso dal di fuori, come a un altro da sé, e ponendosi da un’altra prospettiva osserva il mondo con altri occhi.
In balìa dell’istinto e dell’irrazionalità, Nicola Romito va oltre le mere apparenze e la superficialità che oggigiorno governano il nostro vivere quotidiano, si lascia alle spalle l’incuria e l’insensibilità che dominano la nostra fugace esistenza in questa società tecnologicamente iperprogredita e in continua evoluzione, e beneficia del ritrovamento della sua propria pace interiore dopo aver attraversato il caos della realtà.
Ne consegue che i suoi versi se da un lato sono lucidi e oggettivi, dall’altro, proprio per questa caratteristica di crudezza e spietatezza, graffiano e restano impressi nella mente del lettore.”
Dalla quarta di copertina di “Ancora un viaggio”

Da “Ancora un viaggio” vi proponiamo due componimenti poetici:
Non sostengono il tetto
queste travi.
Sostengono vergogne e storie in rovina.
Sono solide, di legno antico,
pure e lucide come gli occhi della quiete.
Ne avranno visti di sbadigli,
di corpi affranti, di fame e di sogni spezzati,
di anime perdute
che si trascinano nella polvere.
Queste travi sostengono le ragioni
mentre vite e libri continuano a bruciare,
illuminando il ballo solitario
di un geco mutilato,
che cerca la sua coda tra le ombre,
mentre il mondo silenziosamente crolla.
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Il poeta graffia
e scava nel tempo, senza frastuono.
Silenziosamente,
scrive di getto
ciò che vede e sente:
un ricordo,
un urlo,
un’ultima bestemmia.
Ma rileggere è fatica.
Le parole, come artigli,
poche, essenziali,
crude, ma vere,
avvolgono senza soffocare.
Il mio gatto è un poeta.
I suoi artigli lasciano solchi
nella mia pelle,
nelle pieghe di questo divano.
Le sue vibrisse tracciano lo spazio
senza invadere il mio.
La coda oscilla come un pendolo,
accarezza il tempo,
domanda e offre sicurezza.
Forse ho vissuto troppo,
ma solo ora comprendo:
anche nel silenzio più profondo,
i poeti fanno le fusa.
Le loro parole, come carezze,
restano disarmanti,
e non chiedono altro.

Nicola Romito, di origini campane, è nato nel 1959. Laureato in Matematica lavora nel campo dell’information techology da quasi 40 anni. Già da adolescente ha sentito il bisogno di annotare dei suoi pensieri, come se fossero pagine di un suo diario quotidiano. Pagine segrete in cui riportava sensazioni introspettive e stati d’animo che non avevano nulla a che fare con colui che “appariva” verso il mondo che lo circondava.
Questa abitudine, che poi è diventata quasi una necessità rituale, lo ha accompagnato durante tutta la sua vita. Romito è alla sua seconda raccolta poetica.

