Maria Rosaria Selo ha scritto un nuovo libro, “Pucundria“, dimostrando ancora una volta di essere una scrittrice che va oltre il luogo comune.
In un momento storico come il nostro nel quale lo schiacciamento su scelte securitarie è predominante, il libro della Selo riesce a conquistare il lettore narrando l’ umanità che pure è presente in un ambito concentrazionario: un penitenziario femminile, in particolare quello di Pozzuoli.

La protagonista del racconto è una agente della Polizia Penitenziaria, Teresa Ricciolo, che viene assegnata presso il citato penitenziario.
È una donna che ha precedentemente vissuto una drammatica esperienza con un uomo violento che si era presentato a lei come una persona dolce e comprensiva. Un diavolo presentatosi come un angelo, ma che dopo un pò manifesta la sua vera natura.
Questa esperienza non ha indurito Teresa nei rapporti con gli altri, ma soprattutto l’ ha indotta a preservare nel suo servizio di agente penitenziario un sentimento di umanità, di comprensione, senza cedere ad una accondiscendenza nei confronti delle detenute.
La scrittrice non edulchera la descrizione dell’essere associato a una Casa circondariale, della privazione della libertà e del trovarsi a condividere una cella giorno e notte con altre persone sconosciute.

Persone che hanno conosciuto e prodotto il male, arrivando anche a commettere efferati omicidi, ma una delle intuizioni importanti del libro sta nel fatto che mette in evidenza la possibilità della metamorfosi da parte degli esseri umani, i quali non possono e non devono essere etichettati definitivamente come perduti criminali da parte di una non meglio specificata “parte migliore” della società.
Quest’ ultima, tra l’ altro, non può fregiarsi di tale titolo anche perché spesso è con il suo comportamento che produce, direttamente o indirettamente, disagi sociali forieri di azioni criminali.
Maria Rosaria Selo con il suo ultimo romanzo ci parla di donne e di uomini che sono fatti innanzitutto delle loro storie. Storie che possono schiacciare definitivamente, ma che possono, invece, anche diventare una leva per cambiare, ma per il cambiamento occorre incontrare le persone giuste.
Un cambiamento che non è unidirezionale, ma afferisce tutti coloro che sono coinvolti nella relazione con gli altri.
Ecco, il romanzo di Maria Rosaria Selo ci narra della complessità del vivere secondo determinate regole ponendo l’ accento sui rapporti tra uomini e donne.
Rapporti che vedono troppe volte uomini violenti che non sanno amare.
Nel libro viene ricordato che per la valutazione di un profumo occorre del tempo, infatti, è necessario avvertire le note di testa, poi quelle di cuore e, infine, quelle di fondo.
La scrittrice non poteva trovare migliore allegoria per riferirsi, io credo, alla valutazione di un essere umano; valutazione che non può assolutamente prescindere dalla natura delle relazioni che di volta in volta nella vita si instaurano.
Come accennavo precedentemente, il contenuto del libro di Maria Rosaria Selo rappresenta un importante contributo al dibattito pubblico in corso in ordine al concetto e alla pratica attuazione del senso e dello scopo della pena, la quale, come vollero le madri e i padri della nostra Costituzione, deve tendere al recupero della persona che si trova in carcere. Il carcere non deve essere una sorta di discarica sociale rimossa dalla coscienza collettiva.
Non possiamo considerarci, innocenti, perché l’ innocenza ha una dimensione non giuridica. Il nostro fare o non fare ha un impatto nei confronti della società, pur non essendone consapevoli.
Con la sua ultima fatica letteraria, la Selo ce lo ricorda, ci instilla dei dubbi, degli interrogativi circa una presunta totale estraneità da parte di chi sta “fuori” rispetto a chi sta “dentro”.
E questi dubbi e interrogativi non potevano non nascere soprattutto dalle donne, dalla loro intelligenza intuitiva ed emotiva.
Sulla loro capacità di guardare oltre a ciò che a un primo sguardo sembra. Di cogliere dei segnali che l’ altro conserva per evitare un totale annichilimento.
Nel libro non si sostiene un generico “perdonismo” che annulla la responsabilità del gesto criminale e non fa sconti sul male procurato ad altri con le relative sofferenze. Mettendo al centro della narrazione le biografie di chi si è macchiato di comportamenti criminali, prova a svelare i meccanismi a causa dei quali certe cose accadono.
Avremo l’ onore e il piacere di parlare del libro, insieme all’ autrice dello stesso, il giorno 25 marzo 2025, a Napoli, presso il Clubino, via Luca Giordano 73, alle ore 18.00, con la giornalista e critica letteraria Bernardina Moriconi e l’ estensore di questo articolo.
Vincenzo Vacca

