Lisetta Carmi: la fotografa che sentiva l’essenza del mondo, di Gigi Agnano

Il 13 luglio è stata inaugurata a Cisternino la mostra permanente dedicata a Lisetta Carmi, che nella piccola comunità della Valle d’Itria in provincia di Brindisi ha vissuto per 43 dei 98 anni della sua lunga e intensa vita.

Genovese, ebrea in fuga dall’Italia a seguito della promulgazione delle leggi razziali fasciste, Lisetta Carmi era destinata ad una carriera di pianista e solo nel 1960, abbandonata l’attività concertistica, cominciò a dedicarsi alla fotografia.

I suoi reportage di forte impegno sociale, dedicati, tra gli altri, ai camalli del porto di Genova, ai travestiti dei carruggi, ai profughi palestinesi, ai poveri e ai paria indiani, ai bambini afghani, alla guerra civile irlandese ebbero negli anni Sessanta e Settanta grande risonanza e la portarono alla ribalta internazionale.

Nel ’79 la Carmi arriva a Cisternino e vi resterà fino al giorno della sua morte avvenuta il 5 luglio del 2022. E proprio al Comune del piccolo centro agricolo e turistico del brindisino Lisetta ha voluto lasciare le 31 opere che compongono la mostra ideata da NÙEVÙ Studio e allestita al Palazzo Lagravinese.

Lisetta Carmi: ho fotografato per capire

Oggi la grande fotografa Lisetta Carmi (Genova, 15 febbraio 1924 – Cisternino, 5 luglio 2022) avrebbe compiuto cento anni e noi Randagi abbiamo voglia di farle gli auguri e di ringraziarla per tutto quanto ha rappresentato per la cultura italiana.

La Carmi, di famiglia ebraica, trascorse l’adolescenza in Svizzera per evitare le persecuzioni razziali; nell’immediato dopoguerra, a poco più di vent’anni, era già una promettente pianista e faceva concerti in giro per il mondo, ma smise di suonare improvvisamente nel 1960 dopo aver partecipato ad una manifestazione di protesta contro la convocazione a Genova del congresso del Movimento Sociale Italiano.

Lasciata la musica, cominciò ad avvicinarsi alla fotografia. Dei primi anni Sessanta sono i suoi reportage sull’Italsider e sui camalli del porto di Genova e le collaborazioni con alcune riviste come il Mondo e l’Espresso. Dal ’65 inizia a fotografare i travestiti dell’antico ghetto ebraico genovese (per intenderci la via del Campo di De Andrè) e questo lavoro fu raccolto nel ’72 in un volume dal titolo I travestiti, che all’epoca dette un tale scandalo da non essere nemmeno distribuito nelle librerie. Benché ebrea, nel ’67 dopo la guerra dei sei giorni, documentò le tragiche condizioni di vita dei campi profughi palestinesi e dopo quell’esperienza non volle mai più far ritorno in Israele.

Eseguì ritratti, tra gli altri, di Ezra Pound, Alberto Arbasino, Carmelo Bene, Edoardo Sanguineti, Judith Malina, Charles Aznavour, Leonardo Sciascia, Lucio Fontana, Luigi Nono, Claudio Abbado, Jacques Lacan e fece importanti reportage dall’America Latina all’Asia, dalla Sicilia (con testo di Sciascia) alla Barbagia delle operaie di un sugherificio, dalla Firenze dell’alluvione all’Irlanda del Nord della guerra civile nel ’74.

Dopo l’incontro nel ’76 in India con lo yogi Babaji, fondò un ashram a Cisternino in Puglia, dove nel ’79 acquistò un trullo che è stato la sua casa fino alla fine, nell’estate del 2022, a 98 anni. A Cisternino diceva di aver finalmente trovato, nel corso della sua quinta vita, la libertà che aveva cercato nelle vite precedenti.

La Carmi, che viene a ragione considerata come uno dei più grandi fotografi del Novecento, aveva il dono di saper cogliere la vita degli ultimi con uno scatto e usava la macchina fotografica come uno strumento di denuncia sociale. Il suo sguardo delicato e anticonformista ha raccontato gli invisibili, i proletari, i diversi, denunciato le ingiustizie nei confronti dei settori più deboli della società, testimoniato la marginalità sia esistenziale che nel mondo del lavoro. Era solita dire: “Ho fotografato per capire”.

Gigi Agnano