L’incipit di “Il popolo è immortale” di Vasilij Grossman, trad. di Claudia Zonghetti (Adelphi)

AGOSTO

“Una sera d’estate del 1941 l’artiglieria pesante avanzava lungo la strada per Gomel’. I cannoni erano talmente enormi che gli addetti ai carriaggi – pur esperti e che molto avevano già visto – guardavano con curiosità ai loro imponenti fusti d’acciaio. L’aria della sera era intrisa di polvere, le facce e le uniformi degli artiglieri erano grigie, rossi gli occhi. Solo pochi procedevano a piedi, la maggior parte cavalcava gli armamenti. Un soldato beveva un po’ d’acqua dal suo elmetto d’acciaio: le gocce gli scivolavano lungo il mento e, bagnati, i denti brillavano. Si poteva pensare che quell’artigliere stesse ridendo, ma così non era: la sua faccia era assorta e stremata.

«Aeeeeerei!» cantilenò in un grido il tenente che apriva la fila.

Sul bosco di querce accanto alla strada sfilarono veloci due aeroplani. Preoccupati, gli uomini li seguirono con gli occhi commentando:

«Sono nostri! Sono I-16, gli “iii-ho”!». «No, sono tedeschi: Junkers, o forse Heinkel».

E, come sempre in quei casi, qualcuno sfoderò la solita battuta: «Sono nostri ti dico, meglio mettersi al riparo!».

Gli aerei tagliavano la strada in perpendicolare, dunque erano sovietici: di norma, se avvistavano una colonna, i tedeschi viravano e alla strada si mettevano paralleli, per sventagliarla con le mitragliatrici o scaricare qualche bomba da poco.

Potenti trattrici spostavano i pezzi di artiglieria lungo la via principale del paese. Fra le case bianche di calce e argilla e i giardinetti di campagna tempestati di dalie gialle ricciute e peonie rosse che ardevano al sole del tramonto, fra le donne e i vecchi con la barba bianca seduti sulle panche, tra i muggiti delle vacche e l’abbaiare variegato dei cani, gli enormi cannoni che scivolavano oltre nella pace della sera facevano un’impressione strana, insolita.”

Vasilij Grossman: “Il popolo è immortale”, trad. di Claudia Zonghetti (Adelphi)