Per oltre mezzo secolo Gian Arturo Ferrari, classe 1944, si è occupato di editoria, lavorando in ruoli apicali nelle più importanti case editrici italiane, da Boringhieri a Rizzoli a Mondadori. Dalla conclusione della sua lunga carriera di editore ha scritto tre libri, due romanzi e un saggio.
L’ultimo suo lavoro è un giallo, dal titolo “La storia se ne frega dell’onore”, edito da Marsilio nella collana Lucciole. E’ una storia dedicata all’editoria degli anni del fascismo, in cui un direttore editoriale si trova tra le mani un manoscritto scottante che ne segnerà il destino.

Gian Arturo Ferrari, benvenuto e grazie di essere su Il Randagio. Docente universitario, direttore dei Libri Mondadori, editorialista e scrittore, possiamo considerarla un randagio doc?
Nonostante la mia ragguardevole età, io sono nella scrittura un neofita, ho cominciato
molto tardi e mi sono aggirato tra vari generi: il romanzo memoir, il saggio, l’esposizione
para accademica e adesso il giallo. Quindi sì in questo senso sono un randagio.
Come mai per questo libro ha scelto il genere giallo e l’ambientazione in un periodo
storico così complesso per l’editoria come il Ventennio fascista?
Perché il genere giallo è una struttura narrativa semplice e agli occhi del pubblico
garantita. Nel senso che il giallo ha sempre una soluzione. Quanto al 1936, anno in cui è
ambientato il mio libro, a me è sempre piaciuto perché è l’anno sull’orlo del precipizio. Il
fascismo nel 1936 ha raggiunto il suo culmine, con la vittoria in Etiopia e la prossima
vittoria in Spagna, ma è alla vigilia del redde rationem e della disfatta.
Quanto si è divertito e quanto sotto certi aspetti è stato difficile uccidere nella finzione un direttore editoriale?
Il mio direttore editoriale Luigi Bassetti è una figura senza ombre, a differenza di tutti gli
altri. Forse anche un po’ troppo. Non è stato particolarmente difficile fargli fare la fine che
fa ma bisogna dire che, nella realtà del romanzo, è una figura di supporto alla vera
protagonista Donatella Modiano che proprio per essere la protagonista è molto più
articolata. Io sono stato un direttore editoriale molto più complicato del Bassetti.
Nella Storia i libri hanno sempre avuto un ruolo importante e a volte determinante.
Hanno fatto paura, sono stati necessari e ne hanno anche cambiato le sorti. In “La
storia se ne frega dell’onore” sono i libri a giocare il triplo ruolo di vittima, carnefice
e detective?
Il libro deLa storia se ne frega dell’onore non è propriamente parlando un libro. E’ un
manoscritto o per essere più precisi un dattiloscritto. Ed è proprio intorno al fatto che
debba o non debba, possa o non possa diventare un libro che si gioca tutta la trama.
Tradimento e onore, senso di colpa e sospetti, una doppia indagine, l’uomo di Roma
e Donatella. Il doppio ricorre in tutto il romanzo. Ognuno dei suoi personaggi ha un segreto, un doppio volto?
La figura doppia per eccellenza è la protagonista, Donatella Modiano. E insieme con lei quello che solo alla fine si scopre essere una sorta di coprotagonista e cioè l’assistente del commissario che indaga. E’ vero che nel corso del romanzo i ruoli cambiano: vittima e carnefice sono ruoli, funzioni e non personaggi fissi.
Che ruolo giocano i sentimenti?
Un ruolo centrale, come è nella vita reale. Lo sviluppo dell’azione è tutto determinato da
moventi sentimentali.

Parliamo di Strega? Anche quest’anno la polemica sui giurati che non leggono i libri
in concorso. Ammesso che è umanamente impossibile leggerli tutti, può un addetto
ai lavori giudicare correttamente un libro dopo averne letto poche pagine, o,
diciamo così, “a naso”? Secondo me sì. Lei cosa ne pensa?
Per quanto mi riguarda io sono stato abituato per anni e anni a valutare i libri leggendone
una ventina di pagine. E mantengo questa abitudine e questo metodo anche ora che non
devo più decidere se pubblicarli o meno. E’ una questione di esperienza. Più se ne ha più
rapidamente si decide. Nella selezione per il Premio Strega non ho mai avuto difficoltà a
formarmi una chiara opinione su tutti i libri in concorso.
Un autore che vorrebbe si leggesse di più e uno irrinunciabile da suggerire ai lettori
del Randagio?
L’irrinunciabile è Vita e Destino di Vasilij Grossman uno dei libri più importanti dei nostri tempi. Quelli che vorrei fossero letti molto di più sono più o meno tutti dai classici greci fino ai gialli migliori.
Letteratura colta e business. Qualcuno dice che il mercato abbia preso il sopravvento sulla qualità. Vige ancora la regola per cui se un libro è buono avrà successo? Non pensa che in Italia ci sia troppa letteratura d’intrattenimento e che troppi autori scrivano già pensando al film o alla serie tv?
L’editoria ha sempre avuto a che fare con il mercato cioè con gli acquirenti che sono poi i lettori. Senza acquirenti non c’è editoria, dato che i libri non sono né scritti né letti da puri spiriti ma da uomini in carne ed ossa. La lagna sul fatto che ahimè sta prevalendo il mercato è completamente senza senso. Non è mai esistita una regola secondo la quale i libri buoni hanno comunque successo. Almeno nel senso più comune di successo, cioè nel breve periodo, sono
centinaia i libri misconosciuti alla loro uscita. Il successo vero e proprio è la durata nel
tempo, un processo lungo che si può apprezzare con il metro dei decenni se non dei
secoli.
Anni fa ebbe a scrivere parole molto dure sul declino dell’editoria italiana. Intravede un’inversione di tendenza o la situazione è addirittura peggiorata?
L’editoria italiana è un’industria come tutte le altre. Più piccola certamente ma simile a tutte le altre. Da questo punto di vista non ci sono oscillazioni violente perché coloro i quali leggono in Italia si approvvigionano sempre del loro cibo preferito. Dal punto di vista invece della peculiarità del suo prodotto, il libro, vi sono delle consistenti variazioni. I libri che prevalgono oggi sono libri esperienziali e giovanilisti. Il livello reale di qualità lo stabilirà la storia.
Tra i tanti incontri della sua vita c’è stato quello con Philip Roth. Come giudica il colpo dí Adelphi di averne acquisito i diritti?
Adelphi ha fatto benissimo. Philip Roth è stato un grandissimo scrittore. Coraggioso,
testardo, veramente spregiudicato. E’ stato il primo a parlare e scrivere di molte cose di cui
non si era mai parlato né scritto. I suoi due grandi temi, il sesso e la morte non erano mai
stati affrontati così spietatamente. Ecco, Roth è un autore che sicuramente supererà la
prova del tempo.
Cristina Marra e Gigi Agnano





