“Affamata” di Melissa Broder (NN Editore, trad. Chiara Manfrinato): storia di chi divora cibo, sesso e amore, di Francesca Sorge

Io non so che significhi vivere con un DCA (disturbo del comportamento alimentare), ma so che vuol dire convivere con una persona che l’ha avuto. Non voglio appropriarmi di un disturbo, nè sostituirmi alla narrazione di questo, ma il libro di cui vi parlerò mi ha restituito dei ricordi molto intensi a riguardo. Credetemi quando vi dico che è realmente così come scrive Melissa Broder

Mettetevi comodi, questo libro è di una densità emotiva stravolgente.

Rachel, protagonista del romanzo, ha solo 25 anni e vive calcolando ossessivamente le calorie di ciò che ingerisce, ignora lo stimolo della fame, salta le pause caffè con i colleghi pur di non cedere al bisogno primario di nutrirsi. Ogni mattina fa colazione con una gomma alla nicotina e non si concede altro almeno fino a metà mattinata quando sgranocchia una barretta dietetica seduta alla scrivania del suo ufficio. 

E così fino all’ora di pranzo. Le sue giornate sono scandite da una serie di conti: conta le calorie ingerite, conta le giornate che trascorrono tra un “pasto” e un altro, conta quando dovrà recarsi in palestra (spoiler non troppo spoiler: si reca ogni giorno), conta quando deve recarsi da “Yo!Good”, un locale che serve frozen yogurt ipocalorici e conta quando tornerà ad esibirsi sul palco. 

Si, perché oltre a vivere a Los Angeles e lavorare come agente in un’agenzia per lo spettacolo che non la gratifica molto, ogni giovedì sera si esibisce come stand – up comedian. 

Ma è proprio nella yougurteria che incontrerà e si innamorerà di Mirian, una commessa coetanea ebrea ortodossa, bionda e obesa, espansiva e invadente che le proporrà, mettendola in difficoltà, porzioni esagerate di yogurt con diversi tipi di topping. 

E soprattutto era grassa: innegabilmente, incontrovertibilmente grassa. Non era robusta, formosa o paffuta. Era più che carnosa, eclissava l’idea di robustezza. Era proprio grassa, come io non riuscivo a immaginarmi nemmeno nei miei incubi peggiori. Ma sembrava ignorarlo o fregarsene alla grande.” 

Miriam ha una modalità disinteressata e disinibita nei confronti delle abbuffate e man mano che si conoscono, passano dal frozen yougurt, alla cena cinese fin quando Rachel comincia a mangiare spropositamente. Non riuscirà più ad avere il controllo sul cibo. 

“Sgranocchiavo, succhiavo, scioglievo, ripulivo tutto con la lingua in preda all’estasi – solido e soffice, dolce e dolcissimo – in un prisma di bellezza al tempo stesso terrena e divina, mentre, ancorata al suolo, non ero altro che una bocca e una lingua giganti, e mangiavo e mangiavo per il puro e semplice piacere di mangiare.” 

Miriam conduce Rachel in una spirale di nuove esplorazioni attraverso il cibo, il gusto e il piacere. Ma non solo: la invita a casa per la cena dello Shabbat dove la sua famiglia diventa un teatro di scontro sui grandi temi della religione e dell’occupazione israeliana della Palestina. 

Per Rachel diventa tutto collegato e proporzionale: aumenta l’appetito e aumenta anche il desiderio sessuale. Rachel è in balia dell’erotismo, alterna fantasie sessuali a dir poco freudiane (qui è anche coinvolto il rapporto con sua madre), a scenari in cui immagina di fare sesso con donne che mangia, lecca, penetra, morde e fa bagnare. 

Rachel annusa queste donne, annusa i loro odori e le loro secrezioni. 

Ma parallelamente a questa storia, si svela senza troppo mistero, il rapporto complicato di Rachel con i suoi genitori, in particolare con la madre. 

Se a un certo punto Rachel aveva iniziato a riconoscere il principio di un disturbo alimentare, verbalizzandolo in una conversazione con la madre, quest’ultima le aveva risposto che non poteva essere: le anoressiche sono molto più magre di così. 

La madre di Rachel non appare come una donna cattiva, ma nonostante ciò svuota la figlia sia mentalmente sia fisicamente, tanto da indurla ad andare da una terapeuta per cercare di risolvere i suoi problemi. 

“Affamata” è un libro che spinge i lettori e le lettrici ad esplorare la fragilità e le contraddizioni dell’esperienza umana. 

Melissa Broder affronta temi come l’ansia, la solitudine, il sesso con uno stile diretto, crudo e ironico che non teme di esplorare la sofferenza e le difficoltà dell’essere umano. 

Le tematiche dell’autoindulgenza, della solitudine, del desiderio di connessione e di lotta, rendono il libro contemporaneamente tragico ed ironico spingendo la lettura a volte verso il grottesco e a volte verso la ricerca di sé. 

“Affamata” è il libro perfetto per chi è disposto ad immergersi in una vulnerabilità umana, emotiva e piena di autoironia. 

Francesca Sorge

Francesca Sorge: pedagogista intersezionale e supervisora educativa. Lavoro come responsabile di comunità per minori stranieri non accompagnati. Femminista convinta e attivista per i diritti lgbtqia+. Presidente del circolo (H)astarci di Trani