Intervista a Erica Mou per “Una cosa per la quale mi odierai” (Fandango, 2024), di Gabriele Torchetti

Chissà quante volte Erica Mou si sarà sentita definire “artista poliedrica.” Vorremmo trovare altre parole, ma ci riesce difficile. La sua carriera, infatti, è un intreccio di forme d’arte che si alimentano a vicenda: dalla musica alla letteratura, dal teatro al cinema. Erica, infatti, è una cantautrice affermata che porta la sua sensibilità musicale nella narrativa e sembra sempre capace di trasformare ogni esperienza in un racconto, in una canzone, in una storia.

In questa intervista ci parla del percorso che l’ha portata a scrivere Una cosa per la quale mi odierai, un romanzo intenso, intimo, che affonda le radici nelle sue vicende personali e che siamo certi toccherà il cuore di molti lettori.

Ciao Erica, grazie per questa intervista “randagia”. Facciamo un bel salto indietro nel tempo e torniamo ai tuoi 18 anni, ho ritrovato una tua vecchia intervista per Tgcom24 che intenerisce e fa sorridere, questo è un piccolo estratto: “Dico sempre che scrivo canzoni “per non uccidere nessuno”, ed è la verità! mi sfogo e in un certo senso “esorcizzo” ciò che ho dentro, ognuno trova la sua strada per farlo.” A distanza di tanti anni ti rifaccio la stessa domanda: perché scrivi?

Scrivo ancora per non uccidere, forse, ma anche per amare. Scrivendo tutto diventa più intenso, viene condiviso e dunque acquista un peso, una dimensione, una profondità. Soprattutto però è una faccenda d’istinto, di necessità.

Il tuo percorso professionale ha avuto sempre un punto di contatto con le altre arti: il cinema, il teatro e la letteratura. Soffermiamoci un attimo proprio su quest’ultimo. Sei forse una delle poche cantautrici ad aver scritto canzoni appositamente per un libro: “La strada del ritorno è sempre più breve” e “Adesso” per gli omonimi romanzi di Valentina Farinaccio e Chiara Gamberale. E infine “Madre”, il tuo ultimo singolo che è colonna sonora di “Una cosa per la quale mi odierai”. Come sono nate queste commistioni tra letteratura e musica?

Con Valentina Farinaccio e Chiara Gamberale è stato come scrivere musica per un film. Leggendo i loro romanzi mi lasciavo guidare delle immagini che evocavano e che ho musicato, come fosse cinema. Sono state due esperienze uniche. Per “Madre” e “Una cosa per la quale mi odierai” invece la storia è diversa, canzone e libro si sono influenzati a vicenda, fanno parte dello stesso racconto ed è stato proprio lo scrivere quella canzone che ha dato l’avvio alla scrittura del romanzo che avevo in cantiere da tanti anni.

Nel mare c’è la sete” è il tuo sorprendente romanzo d’esordio: chi legge accompagna Maria (io narrante) nelle 24 ore di una giornata, un breve arco temporale per una scelta cruciale. Com’è nata questa storia e quanto di te c’è nella protagonista rispetto alle tue canzoni?

Credo che il primo spunto per questa storia, nella mia mente, sia stato proprio il finale. Ho immaginato l’ultima pagina del libro e mi sono chiesta quali potessero essere le ragioni che potevano portare la protagonista a vivere quel momento in quel posto. Un altro spunto è venuto dalle poesie che intervallano le pagine, scritti che avevo raccolto nel tempo e che diventano una sorta di collezione per Maria che, inevitabilmente, in molte cose mi somiglia.

Come dici bene durante le presentazioni dal vivo “Una cosa per la quale mi odierai” è in realtà una grande dichiarazione d’amore per tua madre

Sì e mi piace che un testo così pieno di amore contenga, nel titolo, il suo opposto. Penso che i sentimenti, all’apice della loro forza, si contaminino con il loro contrario. Così come si somigliano l’inizio e la fine della vita, cosa che sta al centro di queste pagine.

E’ quasi impossibile non abbracciare e condividere il tuo dolore, il vostro dolore. Quanto è stato difficile per te mettersi completamente a nudo con un libro così intimo e privato?

È stato sorprendentemente facile, naturale. Ho scritto questo libro seguendo un flusso che aspettava da dieci anni che una diga crollasse. Sono molto commossa dal fatto che una storia così personale stia diventando, per molti lettori, un racconto in cui identificarsi.

Cerchi” è il titolo del tuo prossimo album e nello stesso tempo èun concept presente nella narrazione del libro, nove mesi per accompagnare e lasciar andare via la persona più amata e nove mesi per accogliere una nuova vita probabilmente a sua volta la più amata. Cosa rappresentano questi cerchi nella tua scrittura e nella tua vita?

Sono lo scorrere del tempo, un tragitto che non segue per forza una linearità ma nel quale cose simili ritornano trovandoci però diversi, creando simmetrie inattese, seguendo il movimento della natura, dell’universo. L’album racconterà tante storie di questo tipo. Sono già usciti i singoli “Madre” che citavamo prima e “La festa del santo” nel quale la circolarità del tempo è scandita dal ritorno, anno dopo anno, di una festa di paese in cui sorprendersi diversi, nell’immutabilità dell’evento.

Faccio un piccolo spoiler alle amiche e agli amici del Randagio, questo libro è forse uno dei più commoventi che abbia mai letto. Si piange e molto. Ma si ride anche e molto, perché se c’è una cosa che non manca nella tua famiglia è proprio l’allegria. E allora rimaniamo nel mood della spensieratezza, che commento sagace avrebbe potuto fare Lucia leggendo “Una cosa per la quale mi odierai”?

Hai fatto bene a scrivere quello che ti pare, tanto io sono morta, che mi importa!

Un’ultima cosa” è uno spettacolo bellissimo con la regia di Teresa Ludovico. In scena tu e Concita De Gregorio. Com’è lavorare con un’intellettuale con uno spessore così detonante?

È come stare vicino al fuoco, riscaldarsi, rimanere ipnotizzati, provare a rubarne una scintilla. Sono molto orgogliosa del lavoro che stiamo portando in teatro da diversi anni ormai e sono certa che, senza quel testo, quella regia, quella ispirazione e soprattutto senza i nostri discorsi fuori scena, anche questo mio nuovo romanzo non esisterebbe.

Ultima domanda, questa volta per davvero. Qual è l’ultimo libro che hai amato profondamente?

“L’età fragile” di Donatella Di Pietrantonio, come tutto quello che scrive.

Gabriele Torchetti

Gabriele Torchetti: gattaro per vocazione e libraio per caso. Appassionato di cinema, musica e teatro, divoratore seriale di libri e grande bevitore di Spritz. Vive a Terlizzi (BA) e gestisce insieme al suo compagno l’associazione culturale libreria indipendente ‘Un panda sulla luna‘.