La neurochimica della coscienza
Indagini su un’energia ancora inesplorata
Secondo lo psichiatra statunitense Daniel J. Siegel la mente umana rispecchia un continuo flusso di energia capace di plasmare un’architettura ben definita di ricordi ed esperienze che a nostra insaputa definiscono la neurochimica della coscienza.
Quest’ultima infatti se da un lato rappresenta un ponte di collegamento fra i rispettivi stati psichici e il corpo che abitiamo dall’altro evidenzia un campo ancora inesplorato in grado tuttavia di connettere la nostra parte più intima, e spesso invisibile, con una dimensione dalle fragranze oniriche ma che non sempre riusciamo a filtrare attraverso i canali cognitivi della veglia.
La neurochimica della coscienza indica pertanto quel grado di consapevolezza che ciascun individuo orienta nei confronti di quanto prova sia a livello intrapsichico sia a livello interpersonale, eppure quello che sovente viene definito “stato alterato di coscienza” suggerisce un distacco tanto dai parametri ordinari con cui si è soliti orientarsi nel mondo quanto una vera e propria rielaborazione grazie alla quale riconnetterci con la parte più antica che ci caratterizza.

L’epilessia nella letteratura psichiatrica ottocentesca
A partire dai primi studi condotti da Louis Jean Francois Delasiauve su soggetti epilettici è stato possibile inquadrare lo stato di coscienza come un calo dell’energia psichica che dal corpo si propagava e si distribuiva nei differenti distretti cerebrali, apportando non solo una modifica comportamentale dell’individuo bensì una vera e propria ristrutturazione dell’architettura neuronale in grado di compromettere la soglia di consapevolezza di chi veniva colpito dal cosiddetto “male sacro”.
La letteratura psichiatrica e neurologica hanno difatti promosso nei secoli precedenti lo studio del cervello quale custode di una fitta rete di comunicazione che oggi conosciamo con il nome di reti sinaptiche, le quali quotidianamente operano una revisione circa le modalità con cui interagiamo prima di tutto con noi stessi e poi con gli altri.
Se le odierne neuroscienze hanno permesso un maggior approfondimento rispetto al sottile legame che intercorre tra la mente e il corpo preme tuttavia ricordare come non abbiano permesso di approdare a quello che Dan Brown nel suo ultimo romanzo ha brillantemente definito “l’ultimo segreto”.
Quello che maggiormente mi ha affascinato di questo romanzo è stata l’esplorazione di quelle tematiche rispetto alle quali ognuno di noi cerca le proprie risposte, indagando così quell’invisibile rapporto tra la vita e la morte inteso non tanto quale decadimento progressivo della “crassa materia” bensì quale crocevia tra due stati energetici dove lo spirito si libera dalla materia fisica: dove l’oblio subentra alla veglia destando quei filtri ancora silenti.
Tra i vicoli di Praga e le sue vene medievali adornate di fascino ed esoterismo Robert Langdon e Katherine Solomon offrono al lettore l’opportunità di sondare ciò che è sconosciuto e all’apparenza irrazionale, decifrando quei misteriosi meccanismi che la mente umana e ancor più la coscienza stessa potrebbero essere in grado di farci conoscere.
Nondimeno quanto viene proposta è un’indagine rispetto a quei (corto)circuiti che a livello neurobiologico innescano una predisposizione a riproporre schemi neuro-comportamentali che sovente possono intaccare l’equilibrio della nostra psiche.
Grazie agli studi condotti nel secolo scorso da Donald Olding Hebb la neurotrasmissione cerebrale riflette un’attività psichica ed energetica capace di ripristinare quei distretti psicosomatici grazie ai quali lo stato di coscienza assume gradualmente una fisionomia più olistica, in grado cioè di racchiudere tante più connessioni quanti sono i nostri stati della mente.
Eppure non sempre gli stati energetici della coscienza promuovono un’adeguata potatura sinaptica ma al contrario possono intaccare considerevolmente la nostra omeostasi, dunque quelle risposte neurochimiche che se frequenti producono in maniera disadattiva un nuovo stato della mente disadattivo e circoscritto ad un passato dal quale non sempre è facile prendere le distanze.

La psicogenesi del trauma
Le esperienze passate, specialmente se di natura traumatica e ripetitiva sono in grado di forgiare un’impalcatura neuronale e sinaptica dove la neurotrasmissione del proprio vissuto rischia sovente di riflettersi in una modalità ripetitiva intrapsichica e interpersonale del tutto disadattiva: favorendo così l’insorgere di un nuovo stile comunicativo della coscienza che rischia purtroppo di limitare il nostro stare al mondo.
Quest’ultima infatti se nella letteratura psichiatrica ottocentesca aveva fornito a Cesare Lombroso le basi per stilare il profilo anatomopatologico del soggetto criminale partendo dagli studi e le indagini condotte sui soggetti epilettici, oggi viceversa offre la possibilità di svelarne i suoi numerosi volti: peraltro non sempre ben interconnessi.
La psicopatologia della coscienza si presenta tra le pagine di questo romanzo attraverso diverse sfumature che non solo si ripercuotono sul cosiddetto cablaggio neuronale e sulla riproposizione di specifici distretti cerebrali, ma soprattutto sulle capacità di autoregolazione emotiva che rischiano di sfociare in vere e proprie risposte dissociative: rispetto alle quali la coscienza stessa sembra sdoppiarsi assumendo diversi volti.
L’aspetto centrale e al contempo affascinante di questa storia risiede proprio nella fisionomia che la coscienza in qualità di energia psichica assume attraverso le sue numerosi manifestazioni le quali attraverso il sottile rapporto tra l’epilessia e il trauma delineano un quadro dissociativo pronto a svelare le sue innumerevoli identità.
Se quindi l’epilessia riflette un fenomeno psicopatologico di natura “transitoria” entro cui vengono aboliti i consueti parametri cognitivi quello che viene identificato come contenuto clinico potrebbe invece suggerire come ogni manifestazione psicologica porti con sé un atto di trasformazione, che finanche nei quadri più gravi come la dissociazione è finalizzata al ripristino di un nuovo equilibrio.
Rendendo la malattia un’occasione grazie alla quale l’energia che ci abita può finalmente trasformarsi in una nuova consapevolezza, svelando perfino durante il momento del trapasso: l’ultimo segreto.
DESCRIZIONE DE “L’ULTIMO SEGRETO” DI DAN BROWN:
Robert Langdon è a Praga insieme a Katherine Solomon, con cui ha da poco avviato una relazione. Un viaggio di piacere in veste di accompagnatore dell’esperta di noetica, invitata a una conferenza in città per esporre le sue innovative teorie sulla mente. All’improvviso, gli eventi prendono una piega inquietante: la mattina del quarto giorno Katherine sembra sparire senza lasciare tracce e Robert assiste, sul ponte Carlo, a una scena che sfida la razionalità e di fronte alla quale reagisce d’istinto, finendo nel mirino dei servizi di sicurezza cechi. Intanto, a New York, una misteriosa organizzazione mette in campo risorse all’avanguardia per distruggere il manoscritto che Katherine ha consegnato al suo editore e che raccoglie le sue rivoluzionarie ricerche. Ma come mai quello che dovrebbe essere un saggio teorico attira così tanto interesse? In poco più di ventiquattr’ore, Langdon dovrà dimostrarsi in grado di ritrovare Katherine, seminare le forze dell’ordine della città e quelle dell’ambasciata americana e oltrepassare le porte di un laboratorio segreto in cui vengono condotti esperimenti indicibili. La posta in gioco è altissima: una nuova concezione della mente, una visione che può regalare un futuro diverso all’umanità ma che potrebbe, anche, diventare un’arma dall’impatto devastante. A quasi dieci anni dal suo ultimo successo, Dan Brown torna con il suo romanzo più ambizioso ed emozionante: una nuova caccia di Robert Langdon dove, come sempre nei suoi libri, nulla è più pericoloso della conoscenza, e nulla è più efficace di una mente affilata.
Cristi Marcì*

* Cristi Marcì è uno psicoterapeuta psicosomatico junghiano. Grazie ai libri ha scoperto la possibilità di viaggiare con l’unica compagnia gratuita: la fantasia. Adora i gialli, la saggistica e i romanzi storici. Ad oggi ha pubblicato racconti brevi sulle riviste «Topsy Kretts», «Morel, voci dall’Isola», «Smezziamo», «Offline» «Kairos» e altre ancora. Scrive articoli per il periodico scientifico «Ricerca Psicoanalitica», «Arghia» e «Mortuary Street». Trovate una sua traccia anche su «Quaerere»

