Carlo D’Amicis: “Il grande cacciatore (e altre violenze)” – Terrarossa, di Carlotta Lini

Un’immersione tra l’umano e il disumano

Non mi ero ancora resa conto di avere una nuova vicina, finché un pomeriggio, dalla finestra del bagno, non la vidi a letto con il mio fidanzato“.

Così comincia “Il grande cacciatore (e altre violenze)” di Carlo D’Amicis, un romanzo breve già uscito nel 2011 e riproposto dalla casa editrice Terrarossa in una versione rivisitata e parzialmente riscritta; “un libro che – come dice l’autore in prefazione – già esiste e che nello stesso tempo è nuovo”.

La storia è narrata in prima persona dalla protagonista, un’infermiera insicura, con la sindrome da crocerossina e il timore costante di essere abbandonata. Nell’incipit D’Amicis la inquadra nell’attimo esatto in cui la sua vita cambia, ovvero quando, guardando dalla finestra, in un pomeriggio afoso e soffocante, vede il suo fidanzato in atteggiamenti intimi con l’avvenente vicina di casa.

Non ci sono piatti che volano, urla o pianti fragorosi, ma l’autore lascia che la violenza emerga in modo sottile e silenzioso. L’infermiera non reagisce apertamente, soffre in silenzio e finisce per accettare la vicina che dice “non mi pare il caso di litigare per un uomo”. E così, già dalle prime pagine, sorprendentemente, la donna ferita e tradita comincia a prendersi cura di Marilyn, la vicina ex-modella che gira “sempre mezza-nuda sotto la vestaglia”, instaurando con lei un rapporto quasi di amicizia e confidenziale. Sarà Marilyn stessa a raccontarle come ha conosciuto l’uomo: giacché i due sono ossessionati dalla presenza degli alieni (meglio nominarli “loro, essi”, o la loro vendetta sarà inesorabile), a farli incontrare è una rivista sugli ufo di cui entrambi sono abbonati. Nel frattempo, Adelmo, il fidanzato (non si sa più bene di chi, se di Marilyn o dell’infermiera o, più probabilmente, di entrambe), è un uomo assente, narcisista e anaffettivo, incapace di amare e di dedicarsi alle donne della sua vita.

Il triangolo relazionale si sviluppa in due spazi narrativi: l’appartamento condiviso e l’ospedale, dove i tre protagonisti si ritrovano in momenti diversi della storia. È un triangolo “relazionale” più che amoroso, perché l’amore è quasi assente o, quando presente, tossico.

E allora, dov’è l’amore? L’amore è portato delicatamente nella narrazione da un cane randagio, l’unico elemento di conforto e sicurezza riservato alla nostra protagonista. Nonostante l’iniziale riluttanza, col tempo l’infermiera capisce che prendersi cura di lui è la cosa più bella, e sana, che potesse capitarle. Tuttavia, la presenza del cane sconvolge ulteriormente l’equilibrio fragile e precario tra i tre.

Ecco che quindi arriva la violenza. Violente diventano le parole, i gesti e gli atti, compiuti e non. Tutti fanno violenza e tutti la subiscono, i ruoli di vittima e carnefice si alternano continuamente. D’Amicis ci regala una scrittura affilata e tagliente, e la mescola abilmente con un’ironia pungente e inaspettata. Il romanzo si rivolge con freddezza al lettore, in un crescendo di incredulità emotiva: davvero l’essere umano è capace di arrivare a tanto? 

“Volevo salvare il mondo, oppure farlo a pezzi”. (p. 33)

Questo libro merita di essere letto per le riflessioni che suscita, trascinandoci, pagina dopo pagina, in una spirale di passiva follia dalla quale riemerge solo chi è capace di provare emozioni. Gli interrogativi che pone sono gli stessi che forse si porrebbero gli alieni se ci osservassero da vicino: “Ma questi non erano gli umani?”

“Allora per non cedere definitivamente alle emozioni, corsi in bagno e mi detersi il viso con un batuffolo di ovatta. Mi sembrava di raschiare l’anima con la carta vetrata.” (p.31)

Carlo D’Amicis, redattore di Fahrenheit di Radio 3 e già autore Mondadori, Minimum Fax e 66thand2nd, gioca con i registri del grottesco e del quotidiano per raccontarci quella terra di nessuno ridotta e spaventosa tra “la fragilità che ci definisce umani e l’abiezione che ci rende disumani”. Le “altre violenze” del titolo non sono solo fisiche: sono piccole invasioni dell’altro, tentativi di possesso, manipolazioni affettive e slittamenti emotivi. Il romanzo interroga su cosa significhi davvero “prendersi cura” di qualcuno: è un atto di amore, di potere o di dipendenza? Chi sono i predatori e chi le prede in questa storia di apparente passività?

Consigliato a chi ama le narrazioni brevi ma dense, a chi cerca una voce fuori dal coro capace di unire sarcasmo e malinconia, e a chi non teme di esplorare le zone più torbide dei legami umani.

Carlotta Lini

Carlotta Lini è laureata in Lingue e Letterature Straniere e si occupa di contenuti editoriali, lettura professionale e comunicazione culturale. Dopo un’esperienza significativa nel mondo della moda e dell’imprenditoria creativa, si è dedicata alla scrittura e alla consulenza editoriale. Cura il blog I Need a Book – The Thrill of Literature, in cui approfondisce la letteratura classica e contemporanea attraverso recensioni, rubriche e interviste d’autore. Collabora con progetti editoriali e culturali, con uno sguardo attento alla parola e alla qualità dei contenuti. Per lei, leggere è una fortuna, non un semplice passatempo. È una ricchezza intima, personale, inalienabile. Un piccolo miracolo che possiamo compiere ogni giorno, sfogliando una pagina dopo l’altra, e scoprendo — ogni volta — che le parole sanno ancora sorprenderci.