Silvana Fei: Ombre stampate (Editoriale Scientifica), di Daniela Marra

Avrò avuto forse quattro anni e da bambina mi piacevano le ombre stampate, scatenavano la mia fantasia, facendomi ravvisare in esse giganti cattivi che combattevo con pestoni accaniti fino a provocarmi un leggero formicolio ai piedi.

Leggere Silvana Fei è seguire il richiamo segreto e silenzioso di un piccolo mondo antico, dove tutto si scompone e si ricompone in chiaroscuri e macchie dense di luce e colore. Sembra quasi di muoversi attraverso le scene di vita quotidiana dipinte dai Macchiaioli, che hanno fatto dell’incontro con l’altro la loro materia sacra. Basterebbe gettare lo sguardo su uno dei tanti dipinti dei Macchiaioli come le acquaiole livornesi di Fattori e leggere la Fei per comprendere il legame segreto che intercorre tra la prosa e la pittura.

Ombre Stampate è l’ ultimo gioiellino della preziosa collana S-Confini diretta da Fabrizio Coscia dell’Ed. Scientifica. È un libro errante, vagabondo, randagio, che attraversa con grazia luoghi, tempi e realtà. Si salta da un luogo a un altro, da un tempo a un altro, da una realtà a un universo immaginativo inafferrabile, che appartiene alla voce narrante, a cui piace tanto giocare a nascondino. A Silvana piace nascondersi, anzi piace percepire, scoprire, sognare e raccontare attraverso uno sguardo sugli altri, su ciò che la circonda. È uno sguardo straordinario sull’ordinario, su un mondo di fine secolo che sta agonizzando lentamente e sul secondo dopoguerra. 

Fin dal primo frammento intitolato Primo amore la quotidianità si afferma come centro di gravità del racconto e appare confortevole come un camino d’inverno, saporita come la pasta fatta in casa o il pane appena sfornato, profumata come la terra bagnata dopo un temporale o stucchevole come le rose e i gelsomini. È la vita che incede, il tempo che scandisce, lento, lontano, libero dalle lancette.

I frammenti di Silvana Fei oscillano tra una Firenze di fine secolo che ancora conserva tradizioni e mestieri destinati a scomparire e un’altra Firenze, quella fascista con i suoi sogni e le sue realtà.

Ironica, visionaria, ma sempre misurata, la voce di Silvana Fei è delicata, fresca e umbratile, depurata dalla malinconia che spesso accompagna le memorie. Certamente il lato oscuro, l’aspetto ombra esiste nell’orizzonte della Fei ma è strettamente ancorato al reale e viene raccontato sempre attraverso lo sguardo sull’altro. La Fei preferisce raccontare delle costellazioni umane che la circondano, piuttosto che parlare di sé, della sua coscienza, del suo io, ne risulta un amore per il racconto che trasporta e incanta e non inciampa mai in sentimentalismi senza rinunciare a un orizzonte poetico, quello delle piccole cose.

Sinossi

Leggere l’esordio di Silvana Fei è come penetrare in una piccola «camera delle meraviglie» contenente ricordi, aneddoti, ritratti, tipi, bozzetti, reperti di un tempo ritrovato e riportato in vita. Firenze, con i suoi dintorni, è la protagonista assoluta di questo libro, tra fin de siècle e il secondo dopoguerra, rievocata nelle memorie della narratrice e nelle sue cronache familiari con un tono ironico, perfino parodico, che non ha nulla di nostalgico. Un’autobiografia anomala, ingannevole, decentrata, è quella che si presenta al lettore, poiché spesso l’io narrante è assente, o si nasconde, si pone ai margini del racconto, preferendo descrivere le vite degli altri più che la propria. Tutto è funzionale al piacere del racconto e alla rappresentazione di un microcosmo con le sue vite minuscole, le sue storie anonime votate all’oblio, che trovano qui un’occasione di riscatto, spesso intrecciate con la grande Storia, quella della seconda guerra mondiale, con la Firenze occupata dai tedeschi, la vita da sfollati, la Resistenza.

Daniela Marra

 

Giampaolo Simi: Sarà assente l’autore (Sellerio) di Daniela Marra

Uno scrittore senza seguito, uno di successo e il direttore di un grande gruppo editoriale. Tra librerie, festival letterari e classifiche da scalare, una novella satirica, che fa ridere e riflettere, sul mondo dei libri e del giallo italiano.

Un inverno di studio matto e disperatissimo alla ricerca della frase più banale, all’aggettivo più scontato, della similitudine più a buon mercato per descrivere una situazione già di per sé loffia e inutile e chiuderla con un colpo di scena totalmente gratuito

Così Giampaolo Simi nel romanzo breve Sarà assente l’autore (della preziosa collana “Il divano” Sellerio editore)  scioglie la matassa aggrovigliata dell’orizzonte del gusto contemporaneo di un pubblico consumatore di libri. Del quadro culturale, insomma, ne resta solo la cornice. La critica è oramai una chimera, la pretesa letteraria diventa pretesto autoreferenziale e genera mostri, i libri nulla di più di snack da discount, cibo spazzatura che soddisfa ma non nutre; e poi le presentazioni, i festival, le lobby di potere editoriale, lo  show must go on ad ogni costo che sfalda la coscienza, sono tutti affreschi che vorticosamente si fondono e si confondono nella realtà di Gianfranco Sperticato. Scrittore di spessore e dal bello stile ma ahimè senza lettori, dopo una presentazione quasi desertica e surreale della sua ultima fatica “Lo scempio” nella storica libreria Lanzoni, si trova ad affrontare una serie di situazioni tragicomiche che lo porteranno a quell’inverno leopardiano matto e disperatissimo .

Il racconto risulta efficace e divertente, e non solo per il lettore. Serpeggia per tutto il testo l’impressione che l’autore si sia veramente divertito a dare voce d’inchiostro alla babele apocalittica delle avventure di carta di Sperticato.

 Il ritmo incalzante, intenso e immediato strizza l’occhio al giallo, al noir e alla novella Sudamericana alla Dávila. È un racconto d’intrighi, sotterfugi, verità negate, nascoste e notoriamente sotterrate. É vero che non c’è un assassinio nel senso classico del termine, ma ci sono tanti modi per uccidere e l’assassinio è solo uno di questi.

Gianfelice Sperticato di fronte al fallimento della sua presentazione “lacera a morsi la sagoma pubblicitaria di Federico Crudeli, la star culturale del momento”. Lo fa letteralmente a pezzi e lo mangia, lo uccide simbolicamente e se ne nutre, si nutre dell’immagine di carta, effimera e transitoria, di quel simulacro di successo. Poi, schifato, vuole liberarsene, ma è troppo tardi perché intanto una parte di Crudeli è entrata dentro di lui, e non è un caso che sia disgustato dall’inchiostro che gli entra in bocca.

Alla morte simbolica del grande bestsellerista si aggiunge quella reale per un incidente.

 In seguito a una serie di circostanze fantasmagoriche e mirabolanti Sperticato diventerà lo scrittore fantasma di Crudeli, sedotto dai sussurri diabolici del luciferino Vinciguerra, un vero e proprio pezzo grosso della leviatana Idra group. Lo smarrimento iniziale dello scrittore si trasforma in attraversamento pop e riflessione satirica e pungente di un quadro culturale e sociale contemporaneo, oramai disancorato da ogni contenuto. 

L’autore gioca, si diverte e diverte, invita a riflettere, offre spunti e semina indizi con grande maestria. Basti pensare alla scelta dei nomi, muovono il riso e riecheggiano nella mente, rimandando ad altro: Idra group, Sperticato, Vinciguerra, Mitopoiesis e altri, sono tracce. È quello che i latini chiamavano Nomen Omen, dove il nome è anticipazione, destino, fato. Perciò è consigliabile leggere il libro di Simi, piccolo gioiellino editoriale della Sellerio, a più livelli, soprattutto nel finale.

Daniela Marra

Sinossi dal Sito Sellerio: 

Nella «storica Libreria Lanzoni», si tiene la presentazione del romanzo Lo Scempio, di Gianfelice Sperticato, scrittore aulico e senza lettori. Il fiasco è scontato. L’autore, in uno sfogo rabbioso, lacera a morsi la sagoma pubblicitaria di Federigo Crudeli, «la star culturale del momento». Non immagina che sarà proprio il fantasma del bestsellerista Crudeli a fornire a lui, e al navigatissimo direttore editoriale della Idra Media Group, il luciferino Dott. Vinciguerra, la materia di un intrigo colossale. Una beffa clamorosa, che costringe a riflettere sulla barriera tra la «vera letteratura» e quella di intrattenimento. Sarà assente l’autore è un romanzo di autentico umorismo, che ride su di uno che si prende troppo sul serio e sulla realtà comica della letteratura-spettacolo; e progressivamente diventa satira della cultura pop e del suo contrario.

Vincenzina ora lo sa di Maria Rosaria Selo (Rizzoli) di Vincenzo Vacca

Non voglio anticipare troppo del bel libro di Rosi Selo “Vincenzina ora lo sa”. Mi limito a dire che è una straordinaria storia di solidarietà femminile e di appartenenza a un ceto sociale, quello operaio. Lo scenario è quello dell’ Ilva di Bagnoli. Un luogo esistenziale oltre che un mero posto di lavoro. Con la sua nuova fatica letteraria Rosi Selo racconta la dignità del lavoro, ma anche la sua durezza e i danni mortali alla salute di chi ci lavora.

Uno sguardo al femminile del mondo del lavoro in anni di lotte sociali e di sviluppo del movimento femminista. E uno sguardo femminile non può non narrare i sentimenti, le gioie, gli amori, le delusioni, le relazioni belle e terribili tra uomini e donne. Ho trovato il libro avvincente e per nulla nostalgico, capace di attraversare molto bene i personaggi e il momento storico. A me è sembrato di intuire che la trasformazione interiore dei personaggi nel loro rapporto tra loro stessi e con la fabbrica siano stati stati tale che, pure con la cessazione dell’ attività produttiva, diventa preziosa per la costruzione di una vita futura.

 Il romanzo affronta in modo convincente lo scenario sociale anche all’ esterno della fabbrica, in quanto la dialettica sociale, politica all’ interno della azienda — potremmo dire la conflittualità sociale organizzata- produce degli effetti importanti anche all’ esterno dell’ Ilva. La presenza plurisecolare della plebe napoletana, un problema che non è stato mai affrontato efficacemente dalle diverse classi dirigenti, ha costituito un forte freno alla creazione di una città partenopea nel solco di una comunità cittadina significativamente integrata in un ordine regolare di una vita pienamente civile. Invece, come ben messo in luce dalla narrazione letteraria di Rosi Selo, la presenza della fabbrica con il suo corredo fatto di dialettica sindacale e politica influenza il territorio circostante, perché non solo il lavoro dà una dignità alla persona che lo esercita e crea una coscienza di diritti e di doveri, ma rappresenta un esempio di vita e di impegno civile per il resto della cittadinanza. 

Rosi Selo con il suo libro, pur essendo un romanzo a tutto tondo, ci parla di una straordinaria pagina di storia di Napoli e dell’ Italia, di un protagonismo operaio e femminile foriero di acquisizione di diritti sociali e civili.

L’ autrice, però,  ci trasmette anche tutti i significativi segnali di una epoca che si stava esaurendo e ne nasceva un’altra.

Leggere “Vincenzina ora lo sa” ci offre uno spaccato storico – sociale di anni formidabili e ci dice molto di cosa siamo diventati, ma il libro può rappresentare un passaggio di testimone tra generazioni diverse. 

Vincenzo Vacca 

Cercatori d’acqua di Erri De Luca (Giuntina) di Amedeo Borzillo

“Se la provvista non scende dall’alto, bisogna cercarla nel suolo. Il pozzo è l’opera d’ingegno necessaria.

Deserti e assedi sono metafore ricorrenti nell’epoca attuale. La figura del pozzo, di una sorgente viva, è invece poco adottata.

Trascurato nei nostri giorni riforniti con allaccio a rete idrica. Il pozzo è dotazione strategica durante un assedio. Diverso dalla cisterna che raccoglie acque convogliate, il pozzo attinge alle falde raggiunte dallo scavo. E’ benedizione e dono di una generazione alla seguente, come l’albero.

E’ tappa nel deserto dove permette l’habitat dell’oasi e consente sia la coltivazione che l’allevamento, i mestieri di Caino e Abele. Intorno al pozzo possono convivere.

Intorno a quest’opera dell’ingegno umano si muovono le storie dei cercatori d’acqua in terre aride.”

Un po’ più a Sud – Racconti africani di Pietro del Re (IOD) di Amedeo Borzillo

“Pietro sa raccontare senza giudicare. La sua è una rara capacità di sviluppare empatia tra chi guarda e chi è guardato. Il suo punto di vista è sempre dalla parte della qualità e della quantità umana. Le sue fotografie sono il risultato di un incontro necessario, la sintesi di un dialogo armonico. Scatti che offrono la possibilità di toccare con mano pensieri condivisi con i quali sottolineare l’irrinunciabile solidarietà, per arrivare poi alla piena condivisione”

Denis Curti

Pietro del Re, inviato speciale di “Repubblica”, ha visitato nella sua lunga carriera una trentina di Paesi africani, intervistato capi di Stato e seguito i terribili conflitti in Somalia, Sud Sudan, Libia, Congo, Mali e Nigeria.

Con la IOD di Pasquale Testa ha realizzato un libro foto/giornalistico sull’Africa, il continente “vero” che spesso immaginiamo oleograficamente senza conoscerlo nella sua complessità.

Quaranta foto (scattate con la sua “vecchia Leica”) e quaranta racconti per parlarci di un continente devastato da carestie e guerre tribali, deprivato delle risorse naturali e dei paradisi naturalistici. Nessuna immagine o testi shockanti (che creano, come diceva Oliviero Beha, indignazione per 24 ore) ma mostrando occhi e paesaggi che nonostante tutto ci parlano di “incontri con gli ultimi che ci rendono migliori”.

La prefazione di Lucio Caracciolo e l’introduzione di Denis Curti ci guidano alla lettura di un libro “struggente” che ci inchioda alla realtà parlante della fotografia e ci obbliga a riflettere su cosa ci fosse prima e cosa ci sarà dopo.

Amedeo Borzillo