Il presente articolo indaga il valore multiforme dell’inconscio, rapportando i suoi numerosi e imprevedibili linguaggi a uno degli elementi più antichi trattati dagli alchimisti: l’acqua. Nondimeno si è voluta indagare la sua natura attraverso il valore della poesia quale promotrice di un linguaggio in grado di ribellarsi agli schemi e alle aspettative proposte dal mondo esterno. Restituendo alla dimensione inconscia una propria coscienza.
“Nella mia storia il mare era una specie di vecchio gigante, un po’ buono e un po’ iroso.
E per un intero giorno galleggiai su di lei pazientemente e verso le cinque di sera mi accorsi che quello che avevo creduto un vecchio mare era una donna.
Un’anima di donna in un corpo d’acqua.
E lei dorme, affondata in una delle mille concavità lunari dell’oceano, con la faccia volta al sole come un grande girasole, e il suo corpo fluido e molle, continua a eseguire la sua azione incosciente con contrazioni ondose, con brividi spumeggianti, con le surreali visioni dei suoi sogni che creano nelle sue profondità le creature più grottesche.
E bisogna stare attenti e non lasciarsi ingannare dal suo aspetto dignitoso e tranquillo, perché in fondo è primitiva nei suoi impulsi e nei suoi desideri; risultati di un difetto caratteristico delle più antiche ere geologiche”
(David Grossman, Vedi alla voce amore).
La psicologia alchemica dell’acqua
Allo stato originario e incorrotto l’acqua possiede la capacità di assumere qualsiasi tipo di forma, nondimeno prima ancora di essere contaminata dalle emozioni e ancor più dalla cupidigia dell’essere umano rimane, secondo san Francesco d’Assisi, “humile et pretiosa et casta”.
Nel panorama alchemico l’acqua veniva rappresentata come uno degli elementi primari capace di condizionare tanto la materia quanto lo spirito con i quali entrava a contatto.
Attraverso i contributi dello psicoanalista americano James Hillman e dello psichiatra svizzero Carl Gustav Jung nel ramo della psicologia alchemica si è andata profilando negli anni una valenza simbolica grazie alla quale il concetto di significato ha subito un ampliamento.
Difatti se al giorno d’oggi esso rappresenta un punto di riferimento finalizzato ad una comprensione immediata e prevedibile viceversa rischia di soffocare quello che Alessandro Baricco ha definito la moltitudine di trame che abitano in noi e che per mezzo di un pensiero nominalista limiterebbe quel ventaglio simbolico in grado di estendere i nostri modi di sentire, percepire e dialogare con le nostre parti più profonde.
Secondo Hillman il valore alchemico risiede nella trasformazione di quel contenuto simbolico e immaginativo che si riverbera nel pensiero a partire dalla possibilità di dar voce a quella contraddittorietà di cui è impregnato l’inconscio.
Quest’ultimo infatti non solo possiede tante trame quante sono le sue modalità espressive ma attraverso la lettura è possibile dar vita a quelle risonanze con le quali nutrire quel misterioso linguaggio che nella vita quotidiana si colloca all’interno di schemi precostituiti.
Gli abissi della coscienza
Nel campo della poesia e della letteratura questo luogo primordiale dalle proprietà acquatiche si coniuga con quel ventaglio di emozioni che spesso e volentieri si celano negli abissi del nostro essere, dove lo sguardo non sempre è disposto a scendere in profondità: mantenendo così l’attenzione su una superficie dove il proprio vissuto rischia di interrompere la sua fluidità.
Coltivare pertanto una coscienza acquatica e al contempo poetica permetterebbe di dar voce a quel mondo immaginifico che se da un lato ristagna in superfice dall’altro smuove le nostre emozioni nelle profondità della nostra anima sotto forma di tempeste, di cui non sempre riusciamo a cogliere l’importanza.
Eppure la poesia al pari della letteratura aiuta a scuotere quello da cui siamo abitati ma di cui spesso e volentieri siamo ignari, portando alle rive della nostra coscienza parole schiumose impregnate di qualcosa di antico e tuttavia appartenente al nostro essere sin dalla notte dei tempi.
Le emozioni al pari della coscienza odierna rischiano quotidianamente di infrangersi su quegli scogli che altro non riflettono se non le nostre convinzioni e dove le forme del pensiero possono solidificarsi in quel materiale roccioso che ne impediscono la spontanea evoluzione.
Il linguaggio quotidiano sembra per l’appunto aver perso quella profondità e ancor più quella unicità in grado di riflettere emozioni, sentimenti e vissuti esperienziali in sintonia con quanto di più profondo ci abita e che spesso non sempre siamo in grado di esprimere, poiché non sempre risulterebbe idoneo con quanto ci circonda.
Difendere i nostri volti
Il linguaggio parlato e scritto sembrano aver vissuto un radicale cambiamento, in quanto quello che più ci caratterizza si trova a fare i conti con “i codici di significato automatici socialmente accettati”. Ciò significa che le modalità espressive non risentono più di quella genuina autenticità bensì appaiono totalmente uniformate alle richieste provenienti dall’esterno: uno spazio (quest’ultimo) che sembra soppiantare le “connotazioni soggettive”.
Questa funzione dunque sembra essersi trasformata in un mezzo privo di autenticità attraverso la quale comunicare non tanto quello che realmente sentiamo di esprimere quanto piuttosto ciò che di automatico e prevedibile ci si aspetta di sentire da chi ci circonda.
Evidenziando così un’inautenticità che rischia di riflettere un’economia psichica che si colloca dentro ciascuno di noi e che è al servizio di chi vuol scegliere le parole al nostro posto.
Uniformare il linguaggio e le parole che ad esso danno vita di contro significherebbe impoverirlo della sua più autentica natura, del suo reale valore acquatico a discapito di una “rappresentatività emotiva” soffocata al contempo da un limite da rispettare e attraverso il quale riconoscere la nostra più profonda “individualità”.
Cristi Marcì*
* Cristi Marcì è uno psicoterapeuta psicosomatico junghiano. Grazie ai libri ha scoperto la possibilità di viaggiare con l’unica compagnia gratuita: la fantasia. Adora i gialli, la saggistica e i romanzi storici. Ad oggi ha pubblicato racconti brevi sulle riviste «Topsy Kretts», «Morel, voci dall’Isola», «Smezziamo», «Offline» «Kairos» e altre ancora. Scrive articoli per il periodico scientifico «Ricerca Psicoanalitica», «Arghia» e «Mortuary Street». Trovate una sua traccia anche su «Quaerere»