“Referendum, andiamo a votare!”, di Loredana Cefalo (video)

Cari amici randagi, oggi vi racconto una storia. 

Immaginate una bella mattinata a Procida, nel 1938. Il sole splende, il mare luccica… e cosa sognano le nostre fanciulle? 

Elsa Morante ce lo svela ne L’Isola di Arturo con una frase che è un pugno nello stomaco:

 “La loro sola speranza, era di diventare le spose d’un eroe: di servirlo, di stemmarsi del suo nome, di essere la sua proprietà indivisa, che tutti rispettano; e di avere un bel figlio da lui, somigliante al padre.”

Insomma, il sogno nel cassetto? Mettere l’anello al dito di un “eroe”, passare al “suo” nome e… diventare un oggetto. Sì, avete capito bene, una “proprietà indivisa”!

Per le donne di allora, l’orizzonte era il focolare domestico, la subordinazione e, magari, un bel marmocchio “somigliante al padre”. Tipo una versione ante-litteram delle “desperate housewives”, ma senza i benefit della lavastoviglie.

E poi, BAM! Arriva il 2 giugno 1946. 

Un giorno storico. Finalmente, le donne italiane vengono chiamate alle urne (in netto ritardo per l’Europa e ci ha staccati sui finali anche la Russia).

Niente più balli principeschi con scarpette di cristallo per accalappiare un marito col cavallo bianco. Stavolta, la posta in gioco era molto più alta: scegliere tra Monarchia e Repubblica! 

In quella occasione, le donne italiane si sono presentate al seggio non per trovare il principe azzurro, ma per dare il loro contributo. La Monarchia perde (addio sogni di principesse per tutti!) e un passo da gigante viene compiuto per la condizione femminile. 

Ma ancora c’era da galoppare!

Perché, nel dopoguerra, la vita delle donne era comunque una giungla. 

Pensate: erano ancora “subordinate al marito nel regime matrimoniale”, l’indipendenza economica era un miraggio lontano, e il divorzio? Ah, quello non esisteva proprio, nemmeno se il maritino si trasformava in un orco. E qui arriva il bello (sono ironica, l’avevate capito?): erano ancora in piedi gli “istituti giuridici del delitto d’onore e del matrimonio riparatore in caso di violenza sessuale”. Sì, avete letto benissimo.

Altro che favole! Se una donna osava tradire il marito, rischiava la pelle. E se veniva stuprata? Beh, la “soluzione migliore” era che lo stupratore accettasse di sposarla. Tipo “La bella e la bestia”, ma con un finale molto meno romantico e decisamente più inquietante.

Ma la storia, per fortuna, non è finita qui. Sono arrivati due “salvacondotti”: nel 1974 il referendum sul divorzio (finalmente libere di dire “addio”!) e nel 1981 la legalizzazione dell’aborto, che ha dato alle donne la libertà di decidere del proprio corpo. 

Capite ora perché andare a votare ai referendum è così importante? Non è per scegliere un partito o esprimere una preferenza. È per dire la nostra, per decidere cosa è giusto o sbagliato per noi e per la società in cui vogliamo vivere. 

Ogni singolo voto è una piccola battaglia vinta contro le vecchie “proprietà indivise” e le “scarpe di cristallo” della subordinazione!

E ora, passiamo al nuovo appuntamento con le urne: domenica 8 e lunedì 9 giugno! Due temi caldi: il lavoro (per rimettere a posto il pasticcio del Jobs Act) e la cittadinanza. 

Per farvela facile, ve le racconto come ho fatto con mia figlia, che ha quasi 5 anni.

  • SCHEDA VERDE (Il giocattolo ingusto): immaginate che vi tolgano il vostro giocattolo preferito e vi offrano delle caramelle. Ma voi rivolete il giocattolo! Se votate SI, potete riavere il vostro giocattolo. Se votate NO, vi beccate solo le caramelle. Chiaro, no?
  • SCHEDA ARANCIONE (Le caramelle illimitate): la legge vi dice quante caramelle potete avere se vi tolgono il giocattolo. Ma vi sembra giusto? E se il giocattolo era il vostro “super preferito”? Se vince il SI, non c’è limite alle caramelle che potete ottenere! Una cascata di dolcetti!
  • SCHEDA GRIGIA (Il motivo del gioco nuovo): vi danno un gioco nuovo, ma potete tenerlo solo per poco. Volete sapere il perché? Se la risposta è SI, allora votate SI. Se ve ne frega zero del motivo, votate NO. Facile come bere un bicchier d’acqua!
  • SCHEDA ROSSA (Il giocattolo malandrino): se prestate un giocattolo a un amico e lui si fa male perché se lo tira in testa, è giusto che sia anche colpa vostra? Se vi sembra di no, votate SÌ. Se invece vi sentite responsabili per tutti, votate NO.
  • SCHEDA GIALLA (L’isola che non c’è per tutti): questa è un po’ più complessa, ma ci arriviamo. 

Immaginate di voler andare a vivere nell’Isola che non c’è con Peter Pan e tutta la banda. Ci andate, ma prima di poter dire “ci abito!”, devono passare 10 anni. Vi sembra troppo? Col SI, i bimbi sperduti diventeranno cittadini italiani in 5 anni anziché 10. Meno attesa, più avventura!

Allora, capite l’importanza di fare un salto alle urne? Non lasciamo che altri decidano per noi il futuro delle nostre “scarpette di cristallo” o dei nostri “giocattoli preferiti”! 

Andiamo a votare!

Loredana Cefalo*


* Mi chiamo Loredana Cefalo, classe 1975, vivo a Cagliari, ma sono Irpina di origine e per metà ho il sangue della Costiera Amalfitana. Adoro le colline, il profumo della pioggia, l’odore di castagne e camino, che mi porto dentro come parte del mio DNA.

Ho una grande curiosità per la tecnologia, infatti da cinque anni tengo una rubrica di chiacchiere a tema vario su Instagram, in cui intervisto persone che hanno voglia di raccontare la loro storia. 

Sono stata una professionista della comunicazione, dell’organizzazione di eventi e della produzione televisiva, settori in  cui ho un solido background. Mi sono laureata in Giurisprudenza e ho un Master in Pubbliche Relazioni.

Ho accumulato una lunga esperienza lavorando per aziende come Radio Capital, FOX International Channels, ANSA e Gruppo IP, ricoprendo ruoli significativi nel settore della comunicazione e dei media, fino a quando non ho scelto di fare la madre a tempo pieno dei miei tre figli Edoardo, Elisabetta e Margaret.

In un passato recente ho anche giocato a fare la  foodblogger e content creator, con un blog personale dedicato alla cucina, una delle mie grandi passioni, insieme all’arte pittorica e la musica rock.

L’amore per la scrittura, nato in adolescenza, mi ha portata a scrivere il mio primo romanzo, “Il mio spicchio di cielo” pubblicato il 16 gennaio 2025 da Bookabook Editore e distribuito da Messaggerie Libri. Il romanzo è frutto di un momento di trasformazione e di crescita. La storia è presa da una esperienza reale vissuta indirettamente e ricollocata nel passato per fini narrativi e per gusto personale. Ho abitato in molti luoghi e visitato con passione l’Europa e le ambientazioni del romanzo sono frutto dell’amore che provo nei confronti delle città in cui è collocato.

“Libri allo specchio”, una rubrica a cura di Loredana Cefalo: il mercato (video)

L’Italia e i libri: se leggete poco, forse, non è colpa vostra.

Cari amici lettori, preparatevi a una doccia fredda di numeri e una risata amara sul destino della lettura nel Bel Paese. Perché se pensavate che leggere fosse roba da tutti, i nostri due supereroi preferiti, l’ISTAT e l’AIE vi sveleranno la cruda verità: in Italia, leggere è quasi uno sport estremo per pochi audaci.

Nel 2022, appena il 39,3% degli italiani dai 6 anni in su ha dichiarato di aver sfogliato almeno un libro non per obbligo scolastico o professionale. 

E non pensiate che la parità di genere abbia vinto qui: le donne (71%) comprano libri molto più degli uomini (59%). 

Ma c’è il digitale che ci salva! Pia illusione: gli eBook sono arrivati al 30% e gli audiolibri al 15% (con una crescita che fa gridare al miracolo, un +7,1%!). Ma diciamocelo, ascoltare un libro è quasi come guardare la versione film del romanzo: non è proprio la stessa cosa, vero? 

Poi c’è il divario Nord-Sud: se nel Nord il 46,1% legge, al Sud scendiamo a un misero 27,9%.

Fa ridere, ma non troppo, anche il tempo di lettura medio: nel 2024 è crollato a 2 ore e 47 minuti a settimana, rispetto alle 3 ore e 16 del 2023. Praticamente abbiamo a stento il tempo di leggere il bugiardino di un medicinale.

E veniamo al mercato editoriale: dopo un timido recupero post-pandemia (un +1,1% a valore nel 2023, per un totale di 3,439 miliardi di euro – una cifra che fa gola a molti ma che si spalma su troppi), il 2024 ha deciso di riportarci con i piedi per terra.

Nei primi mesi del 2024, siamo a 2,4 milioni di copie in meno rispetto all’anno precedente.  Le librerie fisiche si riprendono un po’ (toccano il 53,7% delle vendite), mentre l’online (che ora è il 41,7%) rallenta. Insomma, abbiamo riscoperto il piacere di toccare la carta, ma solo per poi non comprare.

Ma noi “randagi curiosi” ci siamo chiesti perché leggiamo meno e l’editoria va a picco? 

Rassegnarci: siamo POVERI: con l’inflazione che morde e gli stipendi che non si muovono, il libro è diventato un “bene di lusso”. Spendere 20 euro per un romanzo quando si può avere un mese di Netflix? La scelta è facile, no?

Il grande nemico, però, non è il libro, ma lo smartphone! Social media, serie TV, videogiochi, gattini su YouTube… la nostra attenzione è frullata in mille pezzi. Chi ha il tempo di concentrarsi su 300 pagine quando un video di 15 secondi ti dà la dopamina immediata? Passiamo più tempo a scrollare che a leggere.

Anche chi ci governa ci rema contro la 18App è stata sostituita da due carte, quella della Cultura e quella del Merito che hanno ridotto il potere d’acquisto dei giovani. Praticamente, un incentivo a comprare meno libri. Per non parlare del taglio di 30 milioni di euro alle biblioteche. Beh, significa meno libri nuovi sugli scaffali pubblici e meno possibilità per chi non può comprare. 

E mentre i colossi editoriali stringono i denti, anche aiutati dai contributi diretti e indiretti percepiti per garantire il pluralismo dell’informazione, le case editrici medie e piccole sono in ginocchio. Le medie hanno perso il 9,3% e le micro il 2,5%. Praticamente, se non sei un mostro dell’editoria, la tua esistenza è un atto di coraggio (o follia).

I lettori potenziali sono confusi: vengono pubblicati troppi libri e si finisce sempre per comprare quello di cui “tutti parlano”.

E intanto la cultura della lettura va a farsi benedire: a scuola i ragazzi sono costretti a leggere, spesso senza scegliere nemmeno il titolo e così l’amore per i libri muore sul nascere. È più facile odiare qualcosa se te lo impongono, no?

In sintesi, la lettura in Italia è un campo di battaglia. Tra crisi economica, distrazioni digitali e politiche culturali discutibili, il libro si difende come può. Forse dovremmo iniziare a considerare il leggere un atto di ribellione. Voi che dite?

Loredana Cefalo*


* Mi chiamo Loredana Cefalo, classe 1975, vivo a Cagliari, ma sono Irpina di origine e per metà ho il sangue della Costiera Amalfitana. Adoro le colline, il profumo della pioggia, l’odore di castagne e camino, che mi porto dentro come parte del mio DNA.

Ho una grande curiosità per la tecnologia, infatti da cinque anni tengo una rubrica di chiacchiere a tema vario su Instagram, in cui intervisto persone che hanno voglia di raccontare la loro storia. 

Sono stata una professionista della comunicazione, dell’organizzazione di eventi e della produzione televisiva, settori in  cui ho un solido background. Mi sono laureata in Giurisprudenza e ho un Master in Pubbliche Relazioni.

Ho accumulato una lunga esperienza lavorando per aziende come Radio Capital, FOX International Channels, ANSA e Gruppo IP, ricoprendo ruoli significativi nel settore della comunicazione e dei media, fino a quando non ho scelto di fare la madre a tempo pieno dei miei tre figli Edoardo, Elisabetta e Margaret.

In un passato recente ho anche giocato a fare la  foodblogger e content creator, con un blog personale dedicato alla cucina, una delle mie grandi passioni, insieme all’arte pittorica e la musica rock.

L’amore per la scrittura, nato in adolescenza, mi ha portata a scrivere il mio primo romanzo, “Il mio spicchio di cielo” pubblicato il 16 gennaio 2025 da Bookabook Editore e distribuito da Messaggerie Libri. Il romanzo è frutto di un momento di trasformazione e di crescita. La storia è presa da una esperienza reale vissuta indirettamente e ricollocata nel passato per fini narrativi e per gusto personale. Ho abitato in molti luoghi e visitato con passione l’Europa e le ambientazioni del romanzo sono frutto dell’amore che provo nei confronti delle città in cui è collocato.