Vincenzo Montisano: “Inaugura stanotte il secolo del bene” (Wojtek, 2025), di Maurizia Maiano

La lettura di Inaugura stanotte il secolo del bene mi immerge in  un melting pot di esperienze e di letture già vissute, riattivate e rimescolate in una narrazione che crea ed esaspera  il senso di disagio. Una condizione esistenziale o storica quella di cui ci parla Vincenzo Montisano? Mi piace scorrere il passato per trovare un filo ed una continuità con il presente, un triste presente che il nuovo ci prospetta e sempre se sono ancora validi i valori del passato.

La prima immagine che mi viene incontro è quella sempre eterna di Quasimodo: Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole, ed è subito sera.  Ineguagliabile e pregnante immagine dell’esistenza umana espressa in una semplice paratassi. Un profondo disagio esistenziale di fronte alla precarietà dell’esistenza eppure quel raggio di sole ci illumina come a volercene  indicare la via o come nel Viaggio di Céline. 

Penso a Guy Debord, La società dello spettacolo. La nostra è una società che osserva e guarda più che vivere. La vita, gioie, dolori e sofferenze sembrano trovarsi altrove, in uno schermo che li riproduce che sia il mondo reale o una fiction. Cosa diventa questo disagio esistenziale se restiamo affacciati alla finestra aspettando che tutto passi. Il mondo che ci scorre davanti è opaco e impersonale, tutto accade ma non chiama all’azione. Una attesa senza progetto che non viene contrastata. La violenza non scandalizza, ad essa ci siamo assuefatti, la morte non interrompe e il dolore non obbliga a reagire. Lo beviamo come nero latte del mattino, (Paul Celan). 

E ancora La caduta della casa Usher, Edgard Allan Poe. La casa da sempre simbolo della genealogia familiare, luogo degli affetti, diventa il centro della  decadenza morale e fisica. La dimora degli Usher racconta di una stirpe chiusa in se stessa: quando la famiglia si estingue, anche la casa crollaIn Montisano la casa diventa il luogo delle distopie del presente, si dissolve anche il legame simbolico che fondava l’eredità e l’autorità paterna. Il cadavere di Marcel, padre, sostituisce la casa  come luogo  e diventa la sua profanazione, segna la fine del principio del padre.  E’ d’obbligo un altro richiamo letterario, La Lettera al padre di Kafka.

Tutto è compiuto. Mi ritrovo nella villa di famiglia di Hugo, luogo sinistro par exellence… il Cristo di bronzo perpendicolare alla scena che ornava l’ambiente di sacrale virilità assieme alle corone di fiori, all’euforia dei lampadari di cristallo sulla scalinata di marmo che conduceva ai piani superiori…oggettche diventano sinestetici. Essi sconvolgono la condizione del lutto:  a me non sembrava affatto una veglia funebre, piuttosto il godereccio rito popolare del porco scannato in dicembre.

 Io, la bara e Galina, la tanatoesteta…. eccolo stare  dentro alla cassa di legno dolce, a mani giunte. Beato, un ciarlatano in attesa di santificazione…. Gonfio di gas intestinali, livido di rabbia perché la caducità non l’aveva risparmiato. Che decadenza nelle cose di questo mondo. Ché morendo sfoggiano il meglio di sé. E infatti un dio minore doveva avergli aperto quel ghigno in bocca…Padre mio spirito (Luca 23,46), non può essere pronunciato, è la rottura! Non c’è più un padre a cui affidrsi!  

Una descrizione violenta e barocca, per non dire dissacrante, combinazione di nomi ed aggettivi tra loro stridenti. Quella stanza adibita per la veglia funebre e per l’ultimo addio,  luogo del raccoglimento e riflessione sulla precarietà dell’esistenza, diventa il godereccio rito popolare del porco scannato completato dalla presenza della tanatoesteta

In Montisano il corpo del padre torna come materia abietta da cui non ci si libera, la distruzione non inaugura alcuna fine, ma lascia il mondo intatto nel suo funzionamento automatico. Com’è strano, sembra che i contemporanei si portino qualcosa dal passato a cui non possono più credere: ogni società è un’arma contro se stessa, ed il consorzio umano un plotone suicida imbottito di speranza – quest’ernia del futuro. E tutto sarà bene. Di seme in seme, generazione dopo generazione. Fino allo spegnimento dei cieli, ogni cosa sarà bene proprio perché tutto è eternamente male. 

Una condizione post-tragica in cui la dissoluzione del senso non genera catastrofe ma indifferenzaUna indissolubilità di bene e male di cui sappiamo la vita consista, ma a cui non sappiamo più attribuirne un senso. Ed il nero sembra prevalere sul bianco o l’unica alternativa è il suo grigiore.

Una società post etica in cui  tutto si svolge in città senza nome, riguarda tutti, riguarda la nostra Abendland i cui valori individualistici di un Io, che vuole affermarsi al di sopra di tutto, ignora il noi, l’altro che ci aiuta a condividere la vita, i suoi dolori e le sue contraddizioni.        

Inaugura stanotte il secolo del bene è un romanzo pubblicato nel 2025 dall’editore Wojtek. La trama ruota attorno a Hugo Boll, un uomo rinchiuso in un bunker che racconta a Karl Olsen,  l’interlocutore silenzioso che lo ascolta attento senza proferir parola. Hugo confessa  la sua disfatta personale: figlio di un’aristocrazia in declino, decide di distruggere il patrimonio di famiglia in reazione alla morte del padre. E’ una realtà che va verso il collasso, si sviluppa una strage morale — con temi forti come lotta ai valori consolidati, senso di colpa, abiezione e ricerca di salvezza. 

Nel suo racconto emergono immagini di famiglie in disfacimento, colpa, odio ereditato, tentativi di redenzione impossibile, fino a gesti estremi. In questo sfacelo personale e collettivo, Montisano non si limita alla cronaca di una rovina ma costruisce una sorta di radiografia della contemporaneità: il libro esplora la difficoltà di confrontarsi con i mali del presente, il bisogno di trovare un nemico, il desiderio insieme patologico e salvifico di annientare ciò che fa soffrire. 

I rapporti con le donne sono frammentari e strumentali, non sono partner sentimentali ma strumenti  su cui rimbalza  la crisi del protagonista, relegati ad una funzione più che ad una partecipazione. 

Di tutti i simboli della tradizione nessuno sembra corrispondere ad una possibilità di realizzazione. La normalità affettiva è impossibile, Alice: l’oriente e l’occidente, il candore e la depravazione, la castità apparente all’araba e l’assiomatico godimento all’europea.  

Leda, il desiderio, l’attrazione seduttiva sono prive di reciprocità; l’orizzonte luminoso non si intravede e appare come una promessa  irraggiungibile, se discutevamo dell’infinito, candidamente affermava che una spiegazione della vita ne avrebbe ucciso la poesia

Galina, la tanatoesteta, è l’aministratrice tecnica della morte, cerca di salvare una forma vuota di significato

Estrella, infine, è un orizzonte luminoso solo di nome, una stella che non orienta, promessa di senso destinata a restare irraggiungibile, conserva ancora una traccia di desiderio e di relazione. E’ una luce che non scalda ma mostra che qualcosa di umano non è del tutto estinto

Il tutto si svolge in una atmosfera  in cui vige la non responsabilità. I personaggi compaiono non in sequenza o secondo una logica, presenti allo spettacolo finale, il protagonista, Hugo,  ne delinea le relazioni. Si scorreva brulicanti come acari in un silenzio corrotto da un rumore bianco di fondo, cui l’elemento umano era subalterno. Siamo in uno spazio non reale in cui tutte le incongruenze paradossali che ospita, si svolgono come nella navata centrale d’una cattedrale in cui si praticano i riti di un culto nuovo. I suoi sacramenti spersonalizzano la ferocia dei drammi individuali in un indistinto e atroce incanto, che mi attrasse e mi sequestrò fatalmente.

Sullo sfondo agisce una società capitalistica in cui il costo dell’esistere si misura sempre sull’inesistenza di qualcun altroNei fast-food ci si illude di essere affrancati pagando un euro in più per un cappuccino solidale: un gesto minimo che dovrebbe redimere tutto — i malati di cancro ai testicoli, le madri vittime di violenza, i bambini affamati dalle pupille enormi e dai ventri gonfi. Le loro immagini sopravvivono incastonate tra cartelloni pubblicitari di hamburger vegani e dolci ipercalorici, trasformate in sfondo morale del consumo. La carità diventa così un accessorio del mercato, una quiete comprata a basso costo, mentre il sistema continua a nutrirsi dell’assenza e della miseria che finge di alleviare.

Forse è giusto fermarsi qui, lasciando al lettore il compito di attraversare gli ultimi appunti rinvenuti da Hugo tra le carte del padre. La lista delle preferenze di morte resta come una traccia emblematica, la fine, evento non scelto per eccellenza, ridotta a ipotesi, a catalogo, quasi una forma ironica del dire che ci sostiene. In questo mondo desacralizzato, dove anche il dolore diventa forma di consumo, non è tanto una risposta a emergere quanto una domanda sospesa: che cosa resta, se qualcosa resta, a fondamento del nostro stare insieme? Forse l’esperienza di Hugo ci aiuterà a decidere per noi, se vogliamo dare una svolta alla nostra esistenza.

Il romanzo è stato finalista al Premio Neri Pozza 2023, un riconoscimento importante in ambito letterario italiano, e viene presentato in occasione di eventi culturali come manifestazioni di arti integrate (scultura, installazioni, musica e letteratura). Ad esempio, a Cosenza è stato inserito all’interno di un percorso di mostra e performance del collettivo culturale Nucleo Kubla Khan, dove ne è stata presentata la narrativa come parte dell’inaugurazione di un nuovo ciclo di attività.

Vincenzo Montisano è uno scrittore calabrese classe 1988, attivo da anni nei collettivi letterari come Nucleo Kubla Khan e La Masnada, con pubblicazioni di romanzi e storie brevi. Prima di Inaugura stanotte il secolo del bene, ha pubblicato altri lavori come Roy Scarlatt e Logica degli incendi, e ha partecipato a diverse attività editoriali, teatrali e culturali legate alla scrittura contemporanea. 

Maurizia Maiano*

*Maurizia Maiano: Sono nata nella seconda metà del secolo scorso e appartengo al Sud di questa bellissima Italia, ad una cittadina sul Golfo di Squillace, Catanzaro Lido. Ho frequentato una scuola cattolica e poi il Liceo Classico Galluppi che ha ospitato Luigi Settembrini, che aveva vinto la cattedra di eloquenza, fu poeta e scrittore, liberale e patriota. Ho studiato alla Sapienza di Roma Lingua e letteratura tedesca. Ho soggiornato per due anni in Austria dove abitavo tra Krems sul Danubio e Vienna, grazie a una borsa di studio del Ministero degli Esteri per lo svolgimento della mia tesi di laurea su Hermann Bahr e la fin de siècle a Vienna. Dopo la laurea ritorno in Calabria ed inizio ad insegnare nei licei linguistici, prima quello privato a Vibo Valentia e poi quelli statali. La Scuola è stato il mio luogo ideale, ho realizzato progetti Socrates, Comenius e partecipato ad Erasmus. Ho seguito nel 2023 il corso di Geopolitica della scuola di Limes diretta da Lucio Caracciolo. Leggo e, se mi sento ispirata e il libro mi parla, cerco di raccogliere i miei pensieri e raccontarli.

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