Nel Pantheon partenopeo rientra a pieno titolo Massimo Trosi che ha fortemente segnato, e lo fa ancora, l’ immaginario collettivo napoletano.
Il libro di Donatella Schisa ” A Napoli con Massimo Troisi” ripercorre la biografia artistica e personale di questo personaggio, ma con un taglio letterario tale che non ne fa una sorta di santino da accarezzare nei momenti di sconforto individuale o collettivo.

Affronta il percorso di questo grande artista restituendone la vera grandezza che stava, pur essendo completamente immerso in una incontestabile napoletanità, nel confutare una serie di luoghi comuni in ordine alla città di Napoli e dei suoi abitanti e lo faceva con battute fulminanti che reggono ancora a distanza di tanti anni dalla scomparsa.
Massimo Troisi non è stato solo “uno che faceva ridere”, egli è stato un vero uomo di pensiero e che ha usato un’ arma che gli era certamente naturale, ma il talento va affinato e Troisi lo ha fatto continuamente: l’ ironia.
A me sembra che Donatella Schisa abbia voluto soprattuto analizzare con il suo bel libro non solo Massimo Troisi in quanto tale, ma l’ artista nel rapporto con la realtà.
Infatti, il libro è suddiviso in capitoli denominati, tra gli altri, “La musica”, “La poesia”, “La politica”, “La fede”, “Le donne”, etc..
Quindi, le variegate modalità con le quali Troisi ha interagito con il mondo circostante.
Ha preso atto dello stesso e ne ha estrapolato il senso profondo decostruendolo, spesso ridicolizzandolo.
Credo che non è stata una esagerazione allorquando qualcuno lo ha definito un intellettuale, forse un intellettuale anomalo, ma dalle sue battute, dal suo pensiero, dai suoi film si percepiva nettamente che il tutto era figlio di una attenta e profonda riflessione della realtà.
Un napoletano che ha affrontato, superandolo, un certo provincialismo della città.
Basti pensare che in termini di presa di coscienza di massa in ordine al maschilismo, al patriarcato presenti a Napoli, e non solo a Napoli, ha fatto molto di più il suo primo film “Ricomincio da tre” che decine e decine di saggi circa un sano rapporto uomo/donna.
Un artista napoletano in grado di essere ascoltato e apprezzato in tutto il Paese riuscendo a dire in modo apparentemente semplice cose complesse.
La sua popolarità è nata e si è espansa proprio dal fatto che nel suo modo di creare arte si sono riconosciuti tantissimi italiani, dal nord al sud, senza farsi scoraggiare che Troisi parlasse quasi esclusivamente in dialetto come ricorda in una sua nota poesia Benigni dedicata a Troisi dopo la sua morte.
A mio parere, il libro di Donatella Schisa restituisce in pieno questo tipo di immagine di questo grande artista.
Il libro è intrigante anche perché, come accennato precedentemente, ci racconta la vita famigliare di Troisi, il suo rapporto con San Giorgio a Cremano, il Comune in cui è nato e cresciuto, evidenziando i segnali nel percorso di crescita che hanno successivamente determinato il successo, costruendo un idolo.

Ma a proposito di idolo, nel libro Schisa tiene a puntualizzare: “…Massimo Troisi, in verità, è stato di più, molto di più, perché un idolo, per quanto amato, viene in qualche modo idealizzato, vive in un altrove lontano, distante irraggiungibile, mentre Massimo è stato uno di noi, un amico, un compagno di giochi, una persona di famiglia…”
Massimo Troisi ci ha lasciato il 4 giugno del 1994, e, molto opportunamente, la scrittrice evidenzia il senso di vuoto lasciato, ma anche l’ amarezza per tutto quello che avrebbe detto e scritto se fosse sopravvissuto alla sua deficienza cardiaca “con quell’ abilità rara di trasmettere riflessioni sulla condizione umana, che partivano dall’ infinitamente piccolo, dal particolare, ma finivano per rivelarsi universali “.
Troisi, senza alcuna retorica o pietismo, ha fatto frequentemente riferimento agli ultimi, ai discriminati, ai poveri, ai senza voce.
Infatti, non poteva esserci migliore, ultima testimonianza della sua profonda sensibilità espressa con il film “Il postino”.
Infatti, come noto, pur stando molto male, ha voluto a tutti i costi portare a termine il film. Un film che parla di poesia, di emancipazione sociale e culturale, del peso dei pregiudizi e della importanza di superarli.
Leggere ” A Napoli con Massimo Troisi”, una fatica letteraria che ha raccolto anche testimonianze inedite, ci fa capire meglio tante sfaccettature di Massimo uomo e di Massimo artista.
Vincenzo Vacca

