Giornalista, scrittore, divulgatore scientifico e blogger, Massimo Polidoro è autore di tantissimi libri, è fondatore con Piero Angela del CICAP e in questo libro conversa col suo maestro sull’affascinante avventura nel mondo della conoscenza compiuta dal grande divulgatore scientifico.

Massimo benvenuto su Il randagio. Sei giornalista, scrittore, autore di teatro, bisogna avere una mente randagia per approcciarsi alla conoscenza? La scienza “cammina” con te in tutte le tue attività, quanto ti senti randagio e quanto lo era Piero Angela?
Ma certo, bisogna avere una mente curiosa. Quindi se per randagio intendiamo qualcuno che è molto curioso, senz’altro. Ci vuole tanta curiosità, tanto desiderio di scoprire cose che non si sanno, di farsi domande, di non accontentarsi magari di tante risposte, di voler andare a fondo delle cose, di non restare in superficie.
Sia Piero che io ci sentiamo moltissimo randagi, in questo senso di essere curiosi e di voler trovare risposte a tantissime domande che ci sono.
La meraviglia del tutto “sarà il libro della mia filosofia intesa come amore per la conoscenza” scrive Piero. Da una telefonata e le chiacchierate in cucina inizia questo viaggio nel suo pensiero sulla conoscenza?
Questo viaggio inizia proprio da una lunga amicizia che è andata avanti da quando avevo 18 anni per tutta la mia vita adulta e quindi sono stati 30 anni, 34 anni circa di amicizia molto stretta e di affetto che ci legava e quando appunto Piero mi ha proposto questo progetto per quando non ci fosse più stato è stata una grande emozione perché voleva condividere per la prima volta le sue idee su quello che aveva capito di tutti i suoi incontri con grandi menti straordinarie della scienza, della ricerca e sulla base di tutto quello che aveva capito provare a dare anche qualche risposta e esprimere anche le emozioni che lui prova di fronte a tante cose. Esprimere emozioni non è proprio la prima cosa che viene in mente quando si parla di scienza, ma in realtà proprio perché la scienza ci aiuta a capire e a trovare risposte a quelle che sono le domande più profonde degli esseri umani. Chi siamo? Da dove veniamo? Che cosa sarà di noi? Ecco, le emozioni sono ovviamente legate e non è un caso se traspaiano molto dal libro e l’ultima parola del libro proprio è l’emozione per eccellenza è amore. Ho fatto uno spoiler, mi spiace per chi non l’ha ancora letto, ma vedrà in quale contesto Piero Angela pronuncia questa parola.

Come si fa a conciliare conoscenza, razionalità e meraviglia?
Sono cose che si conciliano perfettamente perché se noi vogliamo conoscere, il primo moto, il primo movimento arriva proprio dalla meraviglia, dallo stupore, dalla sorpresa che si prova di fronte a tante cose straordinarie che ci circondano e che magari sembrano poco comprensibili. La razionalità è fondamentale a questo punto per capirle queste cose, perché se ci si basa solo sulla mente, sulle emozioni, sulle reazioni di pancia istintive non le si capisce, si trovano risposte rassicuranti, tentativi di risposte, ma non le si capisce e non si produce conoscenze. La razionalità che si concretizza in un metodo, quello della scienza, è fondamentale.
Il libro è uno scrigno di sapere ma è anche una raccolta di aneddoti e regala pagine in cui emerge la grande umanità di Piero Angela. Com’è stato per te che lo hai conosciuto per trentacinque anni, raccogliere tutto questo?
È stato un bellissimo regalo che mi ha fatto, nel senso che io come appunto si può capire sono sempre stato consapevole di avere a fianco una persona incredibile, straordinaria, geniale, unica come effettivamente Piero Angela è stato. Quindi ogni volta che c’era l’occasione io mi annotavo, registravo, prendevo nota delle cose che diceva, delle sue osservazioni. Poi quando abbiamo deciso di fare questo libro, allora è iniziato un rapporto ancora più mirato all’obiettivo di fare questo libro. Quindi le domande che facevo era tutto quanto registrato e documentato e lui mi ha condiviso tante cose che si era appuntato, tanti materiali che voleva in qualche modo uscissero da queste nostre conversazioni. Per me è stato un regalo enorme essere coinvolto in questo progetto unico e straordinario. E poi è stato un secondo regalo il fatto di scriverlo, questo libro, quando lui purtroppo non c’era più. Perché io per un altro anno dalla sua scomparsa mi sono trovato a confrontarmi con la sua voce, i suoi pensieri la sua presenza in video per mettere ordine alle centinaia di ore di conversazioni che abbiamo avuto e ogni giorno mi trovavo accanto a lui.
La musica e la letteratura sono molto presenti nel libro che è una lunga chiacchierata tra te e Piero. Che rapporto aveva con i libri e la musica?
I libri erano fondamentali per le sue ricerche, leggeva poca narrativa anche se non gli dispiaceva la fantascienza, come ad esempio i libri di Asimov o ”2001 odissea nello spazio” . La musica è stata la sua compagna di vita insieme alla scienza. Piero ha iniziato come pianista Jazz e poi ha intrapreso la sua carriera giornalistica. L’ultimo suo progetto era realizzare un disco di musica Jazz.
Io posso dire che quando l’ho conosciuto a casa sua mi ha fatto sentire qualcosa al pianoforte e l’ultima volta che ci siamo visti nel giugno del 2022 negli studi di SuperQuark , anche lì c’era sempre un pianoforte, mi ha fatto di nuovo sentire qualcosa. Quindi dall’inizio alla fine la musica è stata sempre presente.
“La morte è una grande scocciatura” scrive qual era la sua “ricetta” il suo elisir?
Il suo elisir era vivere una vita piena e usarla al meglio per comprendere, per condividere per arricchire le altre persone , lui era consapevole della finitezza della nostra vita ma la viveva in modo naturale ma aveva la consapevolezza di aver dato il suo contributo.

Da grande divulgatore Piero Angela ha fatto entrare la scienza e il metodo scientifico nelle nostre case. Tu stai portando la scienza a teatro, quale sarà il prossimo appuntamento a teatro?
Il teatro è un ambito dove magari la scienza entra poco, è entrata poco nel passato, ma dove invece c’è un pubblico che è particolarmente attento e interessato. Il mio desiderio, come del resto di Piero, era quello di raggiungere più persone. Possibilmente parlando di scienza. Non tanto parlando delle curiosità scientifiche, ma parlando del metodo, della mentalità, di come funziona il pensiero scientifico, che è una delle più grandi conquiste della nostra specie. E quindi rendere le persone il più possibile consapevoli di che cos’è, di come funziona, di quali sono i vantaggi, di quali sono anche i limiti della scienza. È un po’ l’obiettivo di Piero e che io ovviamente ho fatto mio da sempre. Il teatro mi sembrava uno di quegli ambiti dove c’era spazio per portare un po’ di scienza. L’ho fatto quest’anno con una rassegna di incontri che si chiama La scatola di Archimede, dove incontravo ricercatrici, scienziati famosi, Gamba soprattutto,e raccontare il loro lavoro e il lavoro della ricerca nei loro ambiti. E naturalmente il titolo La scatola di Archimede era un altro omaggio a Piero perché aveva scritto 50 anni fa un libro che si chiamava La vasca di Archimede e questa rassegna riprende un po’ quell’idea di dove stiamo andando, dove sta andando il nostro mondo. E quindi ho fatto questi incontri così come scommessa, come prova per vedere come sarebbero andati e la risposta è stata estremamente positiva. Il teatro sempre pieno, tante persone che tornavano tutte le volte, partecipavano a questi incontri e volevano sentir parlare di scienza in questa maniera. Perché poi, come Piero ci ha insegnato, è una maniera che coniuga da una parte il rigore dei fatti scientifici, ma dall’altra anche l’accessibilità della comunicazione di chi sa parlare a un pubblico profano e lo sa fare magari in una maniera che è anche piacevole. Le serate a teatro erano davvero quasi serate teatrali che comprendevano la musica di Nadio Marenko, uno straordinario fisarmonicista, ha fatto gli ultimi dischi di Guccini, un grande produttore, un grande musicista in giro per tutto il mondo e che ogni sera a teatro aiutava a introdurre gli argomenti suonando le sue straordinarie musiche o anche dei pezzi famosi, conosciuti, però interpretati con la fisarmonica che crea un’atmosfera molto particolare. Poi c’erano i momenti di umorismo, insieme a Francesco Lancia e Chiara Galeazzi, che ci aiutavano a concludere la serata anche con un sorriso, anche avendo parlato di argomenti seri e a volte anche in qualche caso che riguardano crisi ed emergenze che il nostro pianeta sta e deve affrontare, la nostra specie soprattutto deve affrontare. Poi l’altro progetto che ho lanciato quest’anno e che tornerà nell’autunno e nell’inverno e inizierà addirittura a girare un po’ in tutta Italia, è uno spettacolo dedicato a Charles Darwin, che ho scritto insieme a Telmo Pievani, che tutti conosciamo, biologo, naturalista, evoluzionista e tra i massimi esperti della figura di Darwin. Portare Darwin a teatro, raccontare non solo come ha raggiunto la sua scoperta, che è affascinante, ma anche che cosa significa questa scoperta della teoria dell’evoluzione per tutti noi, per ciascuno di noi, è assolutamente fondamentale per capire il nostro posto nel mondo, nell’universo e risponde ancora una volta a quelle domande profonde che tutti noi ci facciamo, da dove veniamo e chi siamo e che cosa probabilmente sarà di noi. Quindi ritorna tutto, come vedi, è tutto legato. E non vedo l’ora di ritornare perché l’esperienza del teatro è molto emozionante, a differenza dei video che fai sui social. A differenza della televisione o dei libri che scrivi. Andare a teatro vuol dire presentare qualcosa in maniera diretta a un pubblico che ha delle reazioni istantanee e tu le vedi, le senti. Lo senti il pubblico di fronte alle cose che dici, le cose che fa, le reazioni che ha, gli applausi che poi arrivano alla fine, i commenti delle persone che ti avvicinano alla fine di uno spettacolo, magari emozionate per quello che hanno sentito, è veramente un’esperienza che non vedo l’ora di ripetere.
Cristina Marra

