Ad un anno dalla tragedia di Cutro – il ricordo di Walter Veltroni

E’ passato un anno. Un tempo brevissimo e insieme dilatato dai tanti eventi tragici che si sono susseguiti nel mondo: guerre, conflitti, stragi.

Eppure quei 94 morti annegati sono ancora lì, sulla nostra coscienza di italiani.

grafica Anna Di Rosa

Cosa è accaduto in quella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 2023? Una sequenza tragica di errori, omissioni, voglia di non assumersi le responsabilità. A pochi metri dalla riva italiana, a pochi metri dalla salvezza quella nave maledetta, da giorni in balia delle onde, avvistata e dimenticata da tutti naufragò portando con sé 94 persone. Donne bambini, ragazzi, uomini in fuga. Pochi minuti prima della fine dalla carretta partirono le telefonate rassicuranti: “Siamo in Italia, ce l’abbiamo fatta”.

Erano in Italia ma non ce l’avevano fatta. Quei cadaveri in fondo al mare sono stati da subito il segno drammatico di quanto fosse diventata grave la situazione. Non erano i primi migranti a morire in mare, non furono neppure gli ultimi.

Questo nostro Mediterraneo – la culla della civiltà anzi di tutte le civiltà avremmo detto una volta – sta diventando insieme una terribile tomba e un monito.

Da sempre i poeti raccontano di questo spettro: la morte per acqua. Phlebas il fenicio di T.S. Eliot la dice con queste parole:

“Phlebas il Fenicio, da quindici giorni morto,

Dimenticò il grido dei gabbiani, e il fondo gorgo del mare,

E il profitto e la perdita. Una corrente sottomarina

Gli spolpò l’ossa in sussurri. Come affiorava e affondava

Passò attraverso gli stadi della maturítà e della giovinezza

Procedendo del vortice.

Gentile o Giudeo

O tu che giri la ruota e guardi sopravvento

Considera Phlebas, che un tempo fu bello e alto come te”.

grafica Anna Di Rosa

Questi nostri moderni “fenici” (da lì venivano i morti di Cutro) ci chiedono di più che guardarli. Ma io temo che in molti invece, voltino lo sguardo dall’altra parte.

Walter Veltroni

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