Allen Ginsberg 3 giugno 1926, di Gigi Agnano

Con la barba alla Whitman, il sorriso di una maschera greca, la pancia di Budda, Allen Ginsberg ha incarnato per tutta la sua vita la figura del beatnik, del vagabondo squilibrato che porta torrenti di poesia improvvisata e ritmata dovunque si trovi, fosse un supermercato o una stazione del Greyhound, una spiaggia o un jazz club; dell’attivista gay che si spoglia nudo, si fa arrestare, sottoporre a processo per oscenità, ricoverare in manicomio per protestare contro ogni guerra e l’atomica, per la liberalizzazione delle droghe e la rivoluzione sessuale, per una spiritualità anti materialista contro il conformismo vomitevole della società americana.

Dove  Kerouac era (soprattutto) “il romanzo” e Dylan sarebbe stato blues e ballate, Ginsberg era “la poesia”. E la poesia per antonomasia, la più conosciuta della beat generation, fu quell’Urlo, scritta, letta per la prima volta e pubblicata tra il ‘55 e il ‘56, che ci catapulta direttamente alla fine degli anni Sessanta per quel tributo ai poeti, agli artisti, ai pensatori, agli hipster, a tutti gli spiriti ribelli che, nella loro pazzia, sono gli unici saggi in un mondo malato.

Allen Ginsberg nacque a Newark il 3 giugno del 1926 e a noi Randagi piace ricordarlo nell’anniversario della nascita.

Gigi Agnano

Bob Dylan oggi ne fa 83, di Gigi Agnano

Bob Dylan oggi ne fa 83.

Come la prima scossa di terremoto o la prima ragazza che baci o il primo giorno di scuola o di lavoro, come la nascita di un figlio o qualsiasi cosa che giudichi significativa della tua vita, molti di noi non se la sono scordata la prima volta in cui hanno sentito la voce di Bob Dylan.

Era un graffio del vinile, un corvo con la raucedine nascosto in una cassa dello stereo, una passata di carta abrasiva sull’amplificatore.

Per qualcuno di noi, Dylan è stato l’inizio di tutto: subito dopo sono venuti i poeti della beat generation, poi Kerouac, Dylan Thomas, T.S. Eliot, Rimbaud, Apollinaire, come mattoncini che andavi a procurarti per costruirti la tua casetta della cultura.

Un percorso di tanti, con esiti diversissimi, non necessariamente collocati nella sola letteratura americana, ma tutti accomunati dal punto di partenza: le canzoni struggenti o mozzafiato di Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, menestrello ebreo di Duluth nel Minnesota, il più Randagio di tutti.

Uno che a 23 anni, in My Back Pages, cantava: “ero molto più vecchio allora, sono molto più giovane adesso”.