Antigone non tace. La forza di dire “no”, di Angela Molinaro

Nella storia della letteratura greca, pochi personaggi sono rimasti così vivi e attuali come Antigone. Figura tragica per eccellenza e protagonista dell’omonima opera di Sofocle, Antigone attraversa i secoli portando con sé interrogativi eterni: cos’è la giustizia? È giusto obbedire a ogni legge? Oppure è lecito disobbedire in nome di una verità superiore?

La tragedia greca si apre su uno sfondo drammatico: la città di Tebe è appena uscita da una guerra civile tra due fratelli, Eteocle e Polinice. Figli di Edipo e fratelli di Antigone, i due giovani avevano stabilito di governare la città a turno, un anno ciascuno. Ma, una volta al potere, Eteocle si rifiuta di cedere il trono. Polinice allora assale la città con un esercito straniero. Lo scontro fratricida si conclude con la morte di entrambi.

Dopo questa tragedia familiare, il nuovo re di Tebe, Creonte, zio dei ragazzi, decreta che Eteocle, difensore della patria, riceva una degna sepoltura, mentre Polinice, ritenuto traditore, resti insepolto, abbandonato agli animali e alle intemperie. Si tratta di una condanna infamante, un monito esemplare per chiunque osi sfidare l’autorità dello Stato. Nella cultura greca arcaica, la sepoltura non era soltanto un rito religioso, ma un dovere sacro: senza di essa, l’anima del defunto non poteva trovare pace.

Per Antigone, dunque, l’editto di Creonte è intollerabile. Negare la sepoltura a Polinice significa condannarne l’anima a un’esistenza sospesa tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Così, da sola, Antigone decide di agire. Sfida apertamente la legge degli uomini per obbedire a quella “non scritta e immutabile” degli dèi, che impone di onorare i morti.

Colta in flagrante mentre compie il rito funebre sul corpo del fratello, viene arrestata e condannata a essere murata viva in una grotta. Né le suppliche della sorella Ismene né l’intervento di Emone, suo promesso sposo e figlio di Creonte, riescono a salvarla. Solo troppo tardi il re, avvertito dall’indovino Tiresia dell’imminente catastrofe, decide di revocare la condanna. Ma è ormai tardi: Antigone si è impiccata. Emone, sconvolto, si uccide. Anche Euridice, moglie di Creonte e madre di Emone, si toglie la vita.

La tragedia si chiude nel silenzio e nel rimorso.

Ma cosa rende Antigone così potente e attuale? Perché la sua figura continua a interrogarci?

Perché non è un’eroina che cerca la gloria. Non è una ribelle per vanità. Non combatte per il potere né per vendetta. Lotta per ciò che ritiene giusto. La sua forza risiede in una coerenza assoluta, quasi inumana, nella determinazione con cui persegue un’idea superiore di giustizia. Sceglie la propria coscienza, anche a costo della vita.

Per questo la sua figura ha attraversato i secoli diventando il volto del dissenso e della disobbedienza civile.

Il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel vede in lei l’incarnazione della legge della famiglia e degli affetti, in contrasto con la legge impersonale dello Stato rappresentata da Creonte. Nel corso del Novecento, la sua figura si è caricata di significati politici, etici e femministi, diventando simbolo di resistenza, pietà, libertà interiore e dissenso.

Per Simone Weil, filosofa e attivista francese, Antigone è la voce della giustizia morale e della solidarietà, un principio alternativo alla legge astratta e impersonale di Creonte. Antigone dà voce agli emarginati, inaugurando una nuova cittadinanza fondata sull’ascolto e sull’alterità.

Per Judith Butler, teorica del femminismo contemporaneo, Antigone rappresenta un’identità eccentrica, che sfida le norme sociali e familiari. È l’emblema delle soggettività marginali — queer, non conformi, resistenti — che chiedono visibilità contro le strutture dell’autorità patriarcale.

Antigone è tornata protagonista anche nei grandi momenti storici del Novecento. È l’eroina della resistenza al nazismo nell’interpretazione teatrale di Bertolt Brecht. È la madre dei desaparecidos nell’Antigone Furiosa di Griselda Gambaro, ambientata nell’Argentina della dittatura militare.

E oggi? Antigone parla ancora.

In un mondo in cui la legalità non sempre coincide con la giustizia, e in cui la coscienza individuale rischia di essere schiacciata da apparati istituzionali sempre più complessi, il suo “no” risuona ancora come un atto necessario. Non facile. Non indolore. Ma necessario.

Antigone non tace. Ci guarda e ci interroga: da che parte stiamo?

E quali leggi — scritte o non scritte — guidano davvero le nostre scelte?

Angela Molinaro

Angela Molinaro: Laureata in Filologia Classica, insegna Latino, Greco e Cultura dell’Antichità nel cuore dell’Inghilterra. Ama trasmettere ai suoi studenti il fascino del mondo antico e la bellezza della parola. Viaggia con la stessa curiosità con cui legge: per incontrare mondi e conoscere storie. Per questo vive con la valigia sempre pronta e un libro nello zaino. Scrive e collabora con case editrici e riviste letterarie per dare forma a pensieri che nascono tra una lezione, un aereo e le fusa dei suoi due gatti neri.

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