
Bob Dylan oggi ne fa 83.
Come la prima scossa di terremoto o la prima ragazza che baci o il primo giorno di scuola o di lavoro, come la nascita di un figlio o qualsiasi cosa che giudichi significativa della tua vita, molti di noi non se la sono scordata la prima volta in cui hanno sentito la voce di Bob Dylan.
Era un graffio del vinile, un corvo con la raucedine nascosto in una cassa dello stereo, una passata di carta abrasiva sull’amplificatore.
Per qualcuno di noi, Dylan è stato l’inizio di tutto: subito dopo sono venuti i poeti della beat generation, poi Kerouac, Dylan Thomas, T.S. Eliot, Rimbaud, Apollinaire, come mattoncini che andavi a procurarti per costruirti la tua casetta della cultura.
Un percorso di tanti, con esiti diversissimi, non necessariamente collocati nella sola letteratura americana, ma tutti accomunati dal punto di partenza: le canzoni struggenti o mozzafiato di Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, menestrello ebreo di Duluth nel Minnesota, il più Randagio di tutti.
Uno che a 23 anni, in My Back Pages, cantava: “ero molto più vecchio allora, sono molto più giovane adesso”.

