Antoine Volodine: l’incipit di Le ragazze Monroe, trad. dal francese di Anna D’Elia (66thand2nd)

“La ragazza rimase appesa per un istante al cornicione che correva intorno al terzo piano, poi precipitò nel vuoto e scomparve nell’oscurità iridescente di rue Dellwo. Si chiamava Rausch. Rebecca Rausch. Trent’anni prima l’avevo amata alla follia. E poi era morta.

Al di là della breve scia nera tracciata dalla sua caduta, in mezzo al buio non si registrarono cambiamenti. L’immagine, priva di colore, era estremamente nitida, ma al suo interno non accadeva nulla. Delle goccioline fredde si radunavano sotto i fili elettrici che collegavano le case per poi staccarsi con ritmo regolare e cadere giù, molto più in basso, sul selciato o nelle pozzanghere, dopo un breve scintillio e, di certo, una nota cristallina. Era un’immagine fissa, ma nulla impediva di sovrapporvi una sommessa colonna sonora. Tintinnii distanziati da dopo pioggia. Al di là di questo, non c’erano rumori ad animare lo sfondo. Due lampioni su tre erano spenti. Dietro le finestre non brillava neanche una luce. In mezzo alla carreggiata, i binari del tram parevano sopravvivere in uno stato pietoso, emergendo o affondando nell’acqua a seconda degli avvallamenti e dei rilievi del terreno.

La ragazza era sempre lì, raggomitolata sul selciato. Dopo cinque minuti, si mosse.”

Le ragazze Monroe di Antoine Volodine (66thand2nd)

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